About time: la trama, un inizio promettente
About Time mi ha fatto veramente arrabbiare. Senza gridare al miracolo, le prime quattro puntate hanno saputo coinvolgermi. Fin quasi alla decima si è lasciato guardare. Poi è diventato un tale noioso e scombussolato pasticcio che rientra di diritto, assieme a Melting me softly, tra i peggiori kdrama mai visti.
Vediamo di fare un po’ di chiarezza.
Il drama fa parte del filone romantico-drammatico-fantasy, e la cosa già dovrebbe farci preoccupare. Purtroppo i coreani non sono maestri nel mescolare troppi generi, e quando lo fanno la storia finisce prima o poi per perdere la propria identità, impantanarsi e diventare confusa. Questa non fa eccezione.
La protagonista, Choi Michaela (Mika), fin dalla nascita ha il dono di vedere tatuato sul corpo delle persone una sorta di orologio digitale che indica quanto tempo resta loro da vivere. Lo vede impresso anche su se stessa, e la sentenza è tragica: il conto alla rovescia le dice che le rimangono poco più di 100 giorni.
Tutto sembra cambiare quando incontra Lee Do-ha, dotato dello strano potere di stoppare il suo orologio, regalandole tempo prezioso. La prima reazione è di euforia: comprensibilmente, Michaela tenta di tutto per trascorrere più tempo possibile con lui.
Ma lo scenario muta drasticamente quando si accorge che non si tratta di un “dono”: il tempo, che per lei si ferma quando sono insieme, viene in realtà sottratto all’esistenza di lui.
Ecco, questo a grandi linee è il plot. Intrigante, anche grazie a delle belle OST e un main lead intenso, ben interpretato da Lee Sang-yoon.
Che cosa non ha funzionato, allora? Gli aspetti che non hanno funzionato sono innumerevoli.
About time: recensione, cosa non ha funzionato
Un brutto fantasy
Non ha funzionato l’aspetto fantasy, che è insensato, mal costruito e pieno di lacune a dispetto della buona idea iniziale. Anche il finale è incoerente, perché a regalarci il tanto agognato happy ending interviene addirittura una sorta di miracolo.
Ora, è dovere degli sceneggiatori fare il loro mestiere, spremersi le meningi e ideare soluzioni che siano conformi con il racconto portato avanti fino a quel momento. All’interno del genere fantasy le opzioni sono pressoché infinite. Doversi inventare miracoli per risolvere gli snodi narrativi… be’, significa essere davvero dei pessimi scrittori a corto di idee.
Una pessima recitazione
Non ha funzionato la recitazione della protagonista (Lee Sung-kyung), bellissima e dalla voce incantevole, ma legnosa e priva di qualunque espressività.
Ho letto molti commenti nei vari forum che lamentavano l’age-gap tra gli attori. Tra i due in realtà ci sono 9 anni di differenza, il che – a mio avviso – non è molto. Il punto è che nessuno dei due dimostra l’età che ha, il che in effetti stona. Lei sembra immatura per il modo imbronciato che ha di recitare il suo personaggio. Lui sembra molto più maturo per quell’espressione seria e compassata che raramente lo abbandona. Insomma, un mix che non ‘matcha‘ e che ci porta al punto successivo…
Una scarsa chimica fra protagonisti
Caratterizzazioni a parte, non ho avvertito nessun brivido tra i due. Che sia dovuto alla recitazione di Lee Sung-kyung, alla brutta scrittura del plot, alle scelte sbagliate del comparto tecnico (regia, fotografia ecc.), il risultato non cambia. La scintilla non scatta quando i due main lead sono assieme. E questo certo non ha reso la visione più piacevole.
Un’eroina insopportabile
Non ha funzionato l’aspetto psicologico. Anzi, è quello che personalmente mi ha più infastidito. Nel momento in cui Michaela si rende conto che con la sua presenza “consuma” la vita di Do-ha, decide di tagliare i ponti con lui. A quel punto ovviamente il loro sentimento era già nato, i due già innamorati. Ci vogliono far credere che le intenzioni siano nobili: lei vuole tutelarlo anche a costo di rimetterci la vita.
Il grandissimo problema però non sono le intenzioni (ricordate? La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni… cit.) Il problema è il modo in cui Michaela le mette in pratica. A partire dall’episodio 10 (che per me rappresenta l’abisso di bruttura toccato dal drama), lei comincerà a comportasi in modo vigliacco e meschino con Do-ha per allontanarlo. In nessun modo e in nessun caso io mi sento di definire quel comportamento «amore».
Un confronto fra le protagoniste di About Time e Master’s Sun
Vorrei fare un paragone con uno dei miei kdrama preferiti: Master’s Sun. Anche lì la protagonista per sopravvivere deve stare fisicamente vicino a un uomo (in quel caso specifico, per non essere tormentata dalle anime dei defunti). Ma la differenza tra le due è abissale.
In Master’s Sun, la donna è onesta con il suo salvatore fin dal principio. Gli dice subito – a rischio di passare per pazza – ciò di cui ha bisogno e perché. In questo modo il loro rapporto ha un’evoluzione, sì, complessa e accidentata, ma basata sulla sincerità.
In About Time invece Mika sceglie la via passivo-aggressiva, quella lamentosa, la strada dell’autocommiserazione e della codardia. Nasconde fino all’ultimo la verità all’uomo che dice di amare, lo umilia e lo maltratta. Poi piange, urla, fa il broncio e cambia idea come una bambina. E canta, canta tutto il tempo. Che brutto personaggio…
About Time: un soporifero flop
Sarà per la sceneggiatura mediocre, sarà per la scarsa interpretazione di Lee Sung-kyung e per la regia scadente, ma col procedere degli episodi About Time affonda in una spirale deprimente e lacrimosa che dio ce ne liberi.
A quel punto la vera sofferenza non è chiedersi se quei due torneranno mai insieme, ma quando finirà la prossima puntata.
Voto: 3/10
Numero puntate: 16
Durata: 1h circa
Dove vederlo: Viki
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