Recensione: una trama assurda, dialoghi astrusi, personaggi irritanti (no, non tu Seo In-guk…)
Ci sono recensioni più difficili di altre, perché quando un drama conosciutissimo e amatissimo è entrato di prepotenza nella mia Lista Nera delle serie TV più brutte di tutti i tempi, mi arrovello per settimane su un modo carino per dire «non mi è piaciuto tanto». Ma l’onestà intellettuale mi costringe a urlare a pieni polmoni che no, è proprio uno scempio.
Hanno preso un artista magnifico come Seo In-guk, l’hanno matchato con una brava attrice (Park Bo-young) e un ottimo cast di rinforzo, hanno aggiunto una OST accattivante, una bella fotografia, un inizio intenso per poi rovinare tutto con una sceneggiatura che non sta in piedi e dialoghi che, mamma mia, probabilmente si capivano solo gli autori quando li scrivevano (strafatti di soju). Qualcuno li troverà profondi. Io li ho trovati soporiferi e inutilmente criptici. Se Doom at your service voleva lanciare un messaggio sul senso della vita per me l’ha fatto nel modo sbagliato.
Ora, io già storcevo il naso per le premesse. Nei primi minuti della prima puntata la protagonista scopre che le restano pochi mesi di vita, rimane impassibile, poi all’improvviso si arrabbia, impreca contro il cielo e invoca lo sterminio globale. Un po’ come me mentre guardavo lo schermo. Caso vuole che questa sorta di essere soprannaturale portatore di distruzione (In-guk nei panni del doom-bringer) la senta e decida di soddisfare il suo volere.
I due stringono un accordo che definire complicato e macchinoso è un eufemismo, e io che già storcevo il naso comincio a innervosirmi. In sostanza, lui avrebbe soddisfatto un suo desiderio prima di morire, e in cambio lei – chiedendo la distruzione del mondo – avrebbe fatto sì che finalmente ‘sto poveretto ponesse fine alla sua stessa vita della quale lui stesso era stanco. Se lei fosse venuta meno al patto, sarebbe morta la persona che amava di più (verosimilmente il fratello).
Se vi sentite un po’ persi, tranquilli, è normale. E’ un pastrocchio ingarbugliato e ridicolo. E gli stessi personaggi si incasinano almeno 10 volte con ‘sto teatrino del «Muoio io, no, meglio se muori tu, no, mi sacrifico per te [pianti] no, ma allora finirà col morire mio fratello! [pianti irrefrenabili, poi idea geniale:] Facciamo che io e te ci innamoriamo, così non muore più nessuno»! E va be’, questo è il livello.
Ma fino a questo punto riuscivo ancora a controllare la mia irritazione. Quello che non sono riuscita più a tollerare è stato il personaggio e la storyline di lei:
Lei è Dio (mi perdonino le divinità tutte, ma l’attrice in questione, il personaggio e la caratterizzazione le ho profondamente detestate).
*** Attenzione: contiene spoiler ***
Comunque, per farla breve, questo Dio malaticcio e lunatico si porta sempre dietro un vaso di piantine mezze morte, le quali piante – si viene a scoprire dopo mille discorsi enigmatici e lentissimi – sono niente meno che persone. Poi si viene a scoprire che ha anche un giardino, che è il Giardino di Dio, in cui crescono piantine e fiori che sono però appunto persone, in cui poi alla fine – come un deus ex machina (o come un grande prato verde dove nascono speranze che si chiamano ragazzi, non lo so, decidete voi quale interpretazione fa più al caso vostro) – la faccenda finisce a tarallucci e vino e «profondissimo simbolismo».
Io così:
Considerazione finale: senza In-guk Doom at your service sarebbe stato un flop pauroso. E non lo dico perché amo In-guk (il che è vero), ma perché se a reggere questo pasticcio di sceneggiatura non ci fossero stati il suo carisma e la sua performance, la trama sarebbe ancora a cogliere margherite nel Giardino di Dio.
Voto: 4/10
Numero puntate: 16
Durata: 1h circa
Dove vederlo: Viki
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