Recensione sul perché Business proposal è un kdrama deludente
Sono diventata drama-addicted quando ho scoperto che per la maggior parte del tempo sorridevo inebetita allo schermo seguendo vicende per lo più improbabili, ma permeate di un esotico e romantico fascino. Che ci sia di mezzo la magia, l’angst, l’epopea, il dramma o la commedia più leggera, quel fascino delicato – fatto di attese, sguardi, parole non dette e splendide musiche – è sicuramente ciò che caratterizza ogni bel drama coreano.
Ebbene, questo non è successo con Business Proposal, attesissima serie targata Netflix di cui per mesi ho letto meraviglie sui social mentre era on air.
Si sono sprecati gli articoli e i commenti che la paragonavano a What’s wrong with secretary Kim e, man mano che attendevo che finisse per poterla compulsivamente binge-watchare, anche l’hype cresceva.
La prima sorpresa è stata quella di ritrovare lui come main lead.
Ho dovuto controllare su Wikipedia per accertarmi che quel promettente e travolgente ragazzo (per cui avevo avuto una fortissima sindrome da second lead in Still Seventeen) fosse davvero la stessa persona che stava recitando in questo drama.
Non solo non gli perdono di essere diventato anonimo (un belloccio come tanti). Ma non gli perdono soprattutto di non avermi trasmesso nessuna emozione. Il suo chaebol è stato uno dei più piatti e insignificanti che io abbia mai visto, e la storia d’amore non ha creato nessuna magia.
L’incontro tra i due (un classico della commedia degli equivoci) è una delle poche cose che salvo, ma non per questo è interessante o ben fatto. E’ una scena in cui è già scritto l’andamento di tutto il drama: rincorsa, fuga, incontro, scontro e fuga, ma a parti inverse. Drama che toccherà il momento più basso quando lei rifiuterà lui, senza un solo motivo valido per farlo.
La sceneggiatura in quel punto comincia a essere sciocca e noiosa, mostrandoci la protagonista girare sconsolata per gli scaffali di un minimarket, col solo intento di farci capire il suo “tormento” all’idea di lasciarlo. Le motivazioni? «Non funzionerebbe». Ah.
Ecco, in quel momento ho perso del tutto il già scarso interesse che avevo.
A essere completamente onesti, Business Proposal si riprende sul finale – rappresentando in questo un’eccezione nel panorama delle serie coreane, che solitamente soffrono un secondo tempo più lento e stanco. Le ultime 3 puntate abbandonano le gag demenziali, la comicità grossolana e le forzature di trama. Il focus diventa l’indagine psicologica dei personaggi e del loro background. Per questo la serie finisce con il coinvolgere ed emozionare di più – ma ormai la frittata è fatta. E’ troppo tardi per cambiare radicalmente il giudizio complessivo.
Se c’è una cosa in cui i coreani sono bravi è nel saper creare angst. In questo caso, però, hanno fallito.
Prendiamo, ad esempio, What’s wrong with secretary Kim, a cui Business Proposal è stato incautamente paragonato. WWWSK è una commedia brillante, ben strutturata e solida, in cui gli elementi comici e quelli drammatici si amalgamano bene e fanno funzionare ogni aspetto del rapporto capo/segretaria direi quasi perfettamente. Si capisce dove nasca l’amore di uno e l’esigenza di autonomia dell’altra. I caratteri sono ben delineati (e magnificamente recitati).
In Business Proposal purtroppo tutto questo manca. L’amore spunta per caso, viene ostacolato da una serie di imprevisti ridicoli, e infine trionfa. Qualcuno ne dubitava?
Stesso copione per la seconda coppia protagonista (che ho trovato comunque più gradevole e interessante della prima ma solo perché ho apprezzato di più gli attori): love at first sight, quasi nessuna indagine psicologica, qualche imprevisto e happy ending prevedibile. Qui però voglio muovere un appunto – ancora una volta negativo – sul modo sbrigativo e deludente in cui hanno liquidato i due nell’ultima puntata. Un «ti amo» mal detto in mezzo alla strada mi è sembrato un contentino dato agli spettatori, ma sicuramente non ha reso giustizia a una coppia che meritava di più.
Su TV Time, l’aggettivo più ricorrente che ho letto nei commenti alle puntate è stato «cute». Non potevo terminare questa recensione senza un cenno alla sua protagonista, Kim Se-jeong, che di certo non ho trovato «cute» ma piuttosto antipatica in ogni sua espressione.
Questa volta, però, va detto che la colpa non è tutta di come è stato scritto il personaggio. Non amo particolarmente l’attrice e il suo modo di recitare, tutta smorfie e grinze. Diciamo che ci ha messo del suo per rendere dimenticabile una protagonista non degna di nota. Non c’è una sola caratteristica, infatti, per cui questo personaggio ci debba rimanere impresso.
Per concludere, vorrei dare una menzione di disonore 2022 a Business Proposal, citandolo in ben 2 categorie. Menzione di disonore non significa che sia il peggiore in quella categoria, perché siamo solo a giugno, l’anno è lungo e i coreani sanno sempre come sorprenderci. Significa comunque che si è distinto parecchio per nefandezza.
Le OST. Una delle colonne sonore più brutte che abbia sentito. Ogni tanto mi capitava di notare la musica di sottofondo perché mi deconcentrava dalla trama. Davvero imbarazzante.
La skinship, in particolar modo i baci più ridicoli visti in un kdrama. Mi spiego. Nei drama solitamente noi vediamo due generi di baci: o i baci a stampo (che possono anche avere una loro dignità), o quelli dati in modo più credibile (come ad esempio nel sopracitato WWWSK).
In Business Proposal hanno tentato ogni mezzo possibile per rendere memorabile la skinship (primissimi piani, controluce a effetto, capelli svolazzanti, bocche che si schiudono, denti che baluginano nell’oscurità). Purtroppo i due attori hanno una legnosità che ha reso quelle scene davvero poco coinvolgenti e appassionate. A me hanno ricordato i tentativi di abbracci tra Barbie e Ken, stesso angolo retto delle braccia, stessa posizione dei corpi… (Fanno eccezione i baci della second couple, che erano di un altro pianeta proprio.)
Non mi dilungo, poi, sulla bed scene perché di quella mi è rimasta impressa una cosa sola: gli attori impegnati a scrollarsi a turno i capelli piuttosto che a farsi travolgere dalla passione.
Io a volte il successo non me lo spiego.
Voto: 4/10
Numero puntate: 12
Durata: 1h
Dove vederlo: Netflix
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