Premessa in cui anticipo che ho molto da dire su Crash landing on you, e non tutto sarà una lode
Ho finalmente visto Crash Landing on You. Non volevo cedere alle pressioni di un titolo tanto mainstream, ma alla fine ho dovuto. Un po’ come quando al Classico i professori ti costringono a leggere i Promessi Sposi – prima o poi ti tocca (Manzoni, perdona il paragone).
Comunque, mi sono decisa e l’ho iniziato e finito nell’arco di una settimana, capendo il perché del suo successo e, al tempo stesso, sviluppando sentimenti contrastanti. Dal momento che ho tantissime cose da dire, bando alle ciance e iniziamo con la recensione.
Crash landing on you, trama e recensione. Cosa lo rende un kdrama cult
Il drama racconta la storia di Se-ri, un’imprenditrice sudcoreana che a causa di un incidente accaduto facendo parapendio, si ritrova nella Corea del Nord. Lì incontra il Capitano Ri Jeong-hyuk che tenterà in ogni modo di farla tornare in patria, mettendo anche a repentaglio la propria vita.
Diciamo che la trama non è niente più di questo, almeno nella prima parte della serie. Un’idea semplice che è però resa efficace e affascinante dal contesto in cui è inserita: la Corea del Nord.
Pro: una rappresentazione verosimile della Corea del Nord
Un aspetto dirompente di Crash landing on you è di aver ambientato una buona metà della sua storia in Corea del Nord, Stato in cui vige una dittatura totalitaria e di cui si conosce molto poco. Il drama mostra la realtà quotidiana al di là del 38° parallelo (la linea di demarcazione militare coreana che funge da zona cuscinetto tra i due Paesi), e lo fa in modo apprezzabile, senza eccessive semplificazioni.
Per quanto ci si muova nell’ambito del ‘verosimile’ (nessuno può davvero sapere come sia la vita là), per la prima volta viene disvelato un mondo che non è quello veicolato dai TG o dalla propaganda di regime. Abbiamo invece la possibilità di gettare un occhio su una realtà fatta di coprifuoco, carenza di elettricità, mancanza di acqua calda nelle case, mercato nero e perquisizioni a sorpresa.
Ci viene svelata una società corrotta, che da un lato giudica aspramente il capitalismo, e dall’altro scende a patti con esso, specie quando si tratta di proteggere i truffatori o appropriarsi dei loro beni. Ciò che ho apprezzato, tuttavia, è che il drama non divide ‘buoni e cattivi’ tra Nord e Sud. Corruzione e malvagità imperano in entrambi i Paesi, e la solidarietà è un sentimento universale che troviamo ben espresso tra le ajumma del Nord.
Contro: una rappresentazione romanzata e romantica della Corea del Nord
Ora, al di là delle buone intenzioni e dell’effettiva poeticità della realizzazione, ci sono degli aspetti che ho trovato francamente poco credibili. Più volte durante la visione ho storto il naso perché, se da un lato capisco che si tratta di una finzione, dall’altro ritengo che gli sceneggiatori abbiano tratteggiato una Corea del Nord all’«acqua di rose» – passatemi il termine.
Vediamo quali nel dettaglio.
Non si capiscono le gerarchie militari
Benché abbia seguito il drama con molta attenzione, non ho capito il sistema gerarchico in vigore al Nord. C’è il cattivone di turno, Cho Cheol-gang, che tenta in ogni modo di mettere i bastoni tra ruote ai nostri protagonisti. Quel che sappiamo è che ha molto potere, ma meno rispetto al padre del Capitano Ri Jeong-hyuk, direttore dell’Ufficio Politico Generale. Tuttavia, grazie alle sue alleanze, riesce sempre a fare quel che vuole: uccidere, spacciare, minacciare, intascare tangenti e via dicendo.
Considerando che Cho Cheol-gang è anche responsabile della morte del fratello del Capitano Ri Jeong-hyuk, mi sono chiesta come mai tale individuo sia stato lasciato libero di perpetrare i suoi crimini per anni e anni. Ma non ho trovato risposta ai miei quesiti.
Ora, so che molto è stato inventato – lo dice il disclaimer all’inizio di ogni puntata. Ciò non toglie, però, che una buona sceneggiatura dovrebbe offrirmi un quadro credibile appunto di come funziona la struttura politica nord-coreana. In questo caso, invece, la sensazione è che il cattivo sia messo lì per fare il cattivo, senza troppe spiegazioni.
Se sei un clandestino, andare a spasso per la Corea del Nord è più facile di quanto credi
Una cosa che ho trovato ridicola (siamo onesti) è la scioltezza con cui Se-ri va a zonzo per la Corea del Nord durante la sua permanenza. Lei e il Capitano s’inventano la storiella della spia venuta dal Sud – ben presto smascherata -, dopodiché la faccenda che lei sia sudcoreana viene digerita con una rapidità sconvolgente.
Ma cosa ancor più sconvolgente è che nessun ufficiale si domandi chi sia questa donna, o le chieda i documenti o la interroghi o la imprigioni… Tutte cose che ci si aspetta accadano in una dittatura vera. No, qui no.
Il punto più basso viene toccato nella scena del peschereccio. Il primo tentativo di far rientrare Se-ri in patria è via mare. Il Capitano e Se-ri prendono dunque un peschereccio, salpano e quando sono già al largo, prima di poter cambiare imbarcazione, vengono fermati da ispettori sospettosi. Quale idea viene al nostro Capitano per salvare il salvabile e allontanare i sospetti? Baciare Se-ri appassionatamente.
Massimo rispetto per gli ormoni in subbuglio del Capitano. Quel che mi fa ridere (per non piangere) è la reazione degli ufficiali: delle scolarette imbarazzate che distolgono gli occhi e balbettano scuse. Io capisco che siamo in una commedia romantica, capisco il voler essere sdolcinati, ma qui siamo di fronte a un romanticismo di bassa lega che proprio non mi è piaciuto.
Superare il 38° parallelo è una passeggiata
Per buona parte del drama ci fanno credere – come penso sia corretto – che uscire dalla Corea del Nord sia un bel problema. Che sia via mare, via aerea, via terra, quel parallelo sembra invalicabile. I problemi possono sorgere da ogni parte: mine antiuomo, gli eserciti dei due Paesi che controllano il confine, percorsi elettrificati e via discorrendo.
All’improvviso, però, tutto diventa se non semplice, fattibile. Compaiono tunnel segreti, i truffatori più braccati di Corea si trasformano in improbabili salvatori, e non c’è mai nessuno a presidiare le linee di confine. Io ho passato le mie ore a chiedermi perché – se la situazione è questa – la gente non scappasse in massa.
Perché evidentemente la situazione non è questa.
Ad ogni modo ho trovato fastidioso questo andirivieni dalla Corea del Nord. Prendiamo ad esempio il sexy truffatore, Alberto Gu. Ci sarebbe da scrivere una recensione a parte solo su di lui, ma mi limiterò all’essenziale. Il povero Alberto, truffatore affascinante ed ex fidanzato di Se-ri, approda in Corea del Nord per scampare alla condanna per frode in Corea del Sud. Dovrebbe starsene bello tranquillo a oziare per 10 anni, finché il reato cadrà in prescrizione. Cosa che puntualmente non accade.
Alberto Gu, infatti, è un grande catalizzatore di casini, e duole vedere che la sceneggiatura lo usa per lo più come deus ex machina per far succedere le cose. Mi spiego: Alberto è potenzialmente un bel personaggio, divertente, svampito, fuori dagli schemi. Sarebbe stato interessante vedergli compiere un percorso suo, che fosse distaccato da quello dei protagonisti. Invece viene tirato in ballo solo quando serve, e questo spiace.
Ma la cosa peggiore, ai fini di quello che stiamo dicendo, è che non si capisce come mai fino a 5 minuti prima noi avevamo la granitica certezza che lui non avrebbe potuto lasciare la Corea del Nord per 10 anni, e un attimo dopo lo vediamo in procinto di partire, con passaporto e biglietto aereo in mano «perché i controlli sono stati allentati». Ah. Prendiamo atto.
La cieca fedeltà dei «Capitano-boys»
Ora, anche qui ho sentimenti contrastanti che più contrastanti non si può, perché se è vero che i «Capitano-boys» sono fatti per essere amati (e io non faccio eccezione, li ho amati), una parte di me non ne è rimasta del tutto soddisfatta.
C’è il sergente tutto d’un pezzo, il caporale appassionato di kdrama, il belloccio (che è bello e basta) e il piccolino del gruppo, innocente e mammone. La loro caratterizzazione è tutta qui – nessuna introspezione, nessun approfondimento. Sono quattro, ma funzionano come gruppo. Non sto dicendo che le scene che li vedono protagonisti non siano piacevoli. Lo sono. Ma mancano di mordente.
In particolar modo, ciò che non mi ha convinto è la cieca fedeltà non tanto al loro Capitano Ri Jeong-hyuk, quanto alla sua causa: difendere Se-ri a costo della vita. Se escludiamo il sergente Pyo Chi-su, il quale più volte dice di essere orfano e senza legami familiari, tutti gli altri hanno una famiglia. Proteggere Se-ri, lasciare la Corea del Nord, fuggire a Seoul e disobbedire a degli ordini militari (che poi devo ancora capire quali siano) sono azioni che hanno ripercussioni non solo su di loro, ma sulle loro famiglie.
Quanto è plausibile che dei ragazzi mettano a rischio le loro famiglie – genitori, fratelli, mogli e figli – per proteggere la vita di una donna che conoscono da tipo due mesi? Rispondo io con una sicurezza incrollabile: non lo è. Ma proprio per niente.
Ecco, questo drama richiede una sospensione dell’incredulità che talvolta mi ha provocato più di un sospiro di sopportazione.
Crash landing on you vale la pena di essere visto?
Crash landing on you ha tutto per piacere. E’ ben realizzato, è altamente emozionante, le location sono accattivanti e riempiono gli occhi, i protagonisti sono bellissimi e hanno un gran affiatamento (e vorrei vedere…!)
Ritengo che la prima parte sia più intrigante e coinvolgente della seconda, sicuramente grazie alle ambientazioni in Nord Corea. Mi è piaciuto vedere Se-ri in abiti dimessi, poco truccata e più spontanea, così come il Capitano in abiti militari ha un surplus di fascino. Ho avuto l’impressione che la loro passione fosse più forte nella prima parte che nella seconda, ma è un’impressione, appunto. Si basa solamente sul fatto che ho preferito l’interazione che i due leads hanno avuto nelle prime puntate, ma è un giudizio soggettivo.
Fermo restando che Crash landing on you è una bella serie, con un’ottima, struggente OST, regia e fotografia validissime, un buon cast e un’idea brillante alla base, ci sono alcuni dettagli oggettivi che hanno appesantito la visione, penalizzandola.
1. I due protagonisti si dicono addio troppe volte
Questa è una delle cose che alla fine mi ha infastidito maggiormente. Lo ammette anche Se-ri a un certo punto: «Ci siamo detti addio fin troppe volte». Il fatto è che se vogliamo essere onesti la storia d’amore tra Se-ri e il Capitano non ha molto da offrire.
E’ una storia d’amore come mille ne abbiamo visto nei kdrama, di quelle predestinate, segnate da improbabilissime coincidenze fin dalla notte dei tempi. I due si sono incrociati in Svizzera, ed è stato amore a prima vista, di quegli amori che s’imprimono a fuoco nella mente e chi li scorda più.
Gli addii però sono davvero troppi, strappalacrime, non necessari, finalizzati esclusivamente a muovere a commozione lo spettatore. Mi è sembrato – specie nella seconda parte della show – che tutti questi saluti, accompagnati da musiche lente e malinconiche, fossero l’unico modo per mantenere viva la tensione tra i due.
Dopo qualche puntata il meccanismo comincia a diventare ripetitivo e un po’ noioso. Ci vengono riproposte le stesse scene: un po’ di Svizzera, e po’ di addii. Lacrime. Se-ri saluta uno a uno i Capitano-boys, ringrazia, fa il suo discorso struggente. Altre lacrime. Lo schema è sempre quello, che sia in Corea del Nord o a Seoul, la storia di Se-ri e del Capitano si fonda su questi due soli elementi.
2. Il finale è di quelli da prendere a testate la sceneggiatrice (Park Ji-eun, se siete curiosi di sapere di chi è)
*** Attenzione: spoiler ***
A parte la durata interminabile della puntata finale (112 minuti, di cui buona parte fashback di cui avremmo fatto volentieri a meno), io mi chiedo in quale mondo parallelo sia credibile che Se-ri incontri il Capitano in Svizzera atterrando mentre fa parapendio su uno sperduto altipiano. Felicità, commozione, romanticissime frasi fatte – e i due si creano la loro nuova routine.
In cosa consiste la loro nuova routine? Ora, forse ho capito male io, eh, perché il finale non brilla per chiarezza. Ma se non sbaglio, la loro relazione consisterà nel vedersi due settimane l’anno finché morte non ci separi. Ah, beh. Quel che si dice un rapporto solido.
Forse mi sono fatta troppi film mentali io, ma sposarsi? Provare a costruirsi una nuova vita in Svizzera? Domande futili. Questi due non possono vedersi né comunicare per 11 mesi l’anno, ma (incrociando le dita) si potranno beccare 15 giorni in Svizzera e bella lì. Contenti loro, contenti tutti.
*** Fine allerta spoiler ***
3. La recitazione di Hyun Bin
Mentre la recitazione di Seo Ye-jin mi è piaciuta molto – così sofferta e intensa – non ho particolarmente apprezzato le doti di Hyun Bin.
Hyun Bin è un attore statico e non molto espressivo. Che questo sia in parte dovuto alla scrittura del personaggio è vero; il Capitano Ri Jeong-hyuk è infatti un uomo chiuso e riservato, segnato dalla morte del fratello e deciso a non amare più. E’ chiaro che nel suo temperamento non ci siano grandi esplosioni di emotività o passionalità. E’ però anche vero che Hyun Bin ha interpretato questo personaggio switchando grosso modo tre sole modalità.
Da un lato c’è il soldato, l’uomo impassibile, saldo, quello che dice a Se-ri che va sempre tutto bene anche quando è evidente che non è così. Dall’altro c’è l’uomo reso vulnerabile dall’amore, e che Hyun Bin rende con un broncetto che nelle intenzioni vorrebbe essere tenero e spassoso, ma che io ho trovato contemporaneamente ridicolo e fastidioso. Infine c’è l’uomo disperato, quello che cede al dolore di fronte agli eventi più drammatici. Questo è quello che Hyun Bin ha reso in modo più convincente, rivelando un’espressività più schietta e spontanea.
Considerazioni finali: Crash landing on you merita la fama che ha?
Come tutti i prodotti innovativi, Crash landing on you ha avuto un merito indubitabile: quello di essere un prodotto coraggioso e di rottura. Creare una storia d’amore fra una donna sud-coreana e un ufficiale nord-coreano senza cadere nella classificazione manichea del «noi siamo i buoni, voi siete i cattivi», non era facile – in nessun senso. Bisogna dare atto a questo drama di aver fatto diventare il rapporto tra Corea del Nord e del Sud un argomento di dibattito mondiale, e mi sembra un risultato grandioso e anche meritato.
Detto questo, io distinguerei due categorie di spettatori: coloro che non hanno mai visto kdrama e si approcciano a questo mondo per la prima volta, oppure ne hanno visti pochi e Crash landing on you è uno dei primi. E coloro che – come la sottoscritta – ne hanno già visti moltissimi e hanno sviluppato un certo occhio critico e aspettative elevate.
Nel primo caso non mi stupisce che Crash landing on you piaccia, e anche molto, perché come abbiamo già detto è fortemente impattante, emotivamente coinvolgente e tecnicamente molto ben fatto. In tanti mi hanno detto di aver formato una ‘dipendenza da drama’ proprio dopo aver visto questa serie.
Nel secondo caso, mi spiace dover dire che non è il capolavoro che mi aspettavo dopo aver letto tanti commenti entusiastici. Ne apprezzo molti aspetti, alcuni dei quali non sono riuscita a trattare qui. Ad esempio il personaggio di Man-Bok, la spia, che ritengo sia in assoluto il migliore di tutto il drama, quello che ha l’evoluzione più interessante e approfondita, nonché la più autenticamente commovente. Ma tanti altri sono carenti o superficiali, soprattutto quelli che per me rappresentavano il punto di forza della serie: i rapporti tra Nord e Sud.
Crash landing on you ha deciso invece di puntare tutto sulla storia d’amore, che ha voluto rendere il più strappacuore e sentimentale possibile, anche a rischio di peccare di credibilità. Il finale ne è un esempio cristallino. Sarei scesa più facilmente a patti con un finale drammatico ma realistico, in cui ad esempio i due finivano con il non vedersi più, rispetto a questo finale che vuol essere blandamente consolatorio, ma ha il retrogusto di un premio di consolazione.
Il giudizio finale è molto alto, ma ammetto che – restando in tema – è un voto più politico che di pancia. Dentro di me, pesano di più le aspettative deluse che le belle emozioni provate durante la visione.
Voto: 8/10
Numero puntate: 16
Durata: da 80 a 110 minuti
Dove vederlo: Netflix
Scopri altri Grandi Classici
Lascia un commento