Inganno su Netflix: Recensione della serie TV n. 1 in Italia

Inganno Netflix recensione Serie TV

Con 50 milioni di ore viste, Inganno, la nuova serie diretta da Pappi Corsicato, è riuscita a scalare le classifiche, diventando la serie in lingua non inglese più vista su Netflix. È ovunque sui social e nei dibattiti online.

Io l’ho bingiata in una sola sera – come dire, “via il dente, via il dolore”. E sono pronta a dirvi esattamente cosa ne penso, compreso se merita tutto questo successo.

Pronti? Partiamo!

Partiamo dalle basi: Inganno è il remake italiano di Gold Digger, una miniserie britannica del 2019 con Julia Ormond che, a sua volta, non aveva brillato particolarmente. Ambiziosa nelle tematiche, era stata giudicata dai critici televisivi incoerente nell’esecuzione.

Gold Digger Julia Ormond Inganno

Di cosa parla la trama di Inganno? Gabriella è la ricca proprietaria di un lussuoso albergo sulla Costiera Amalfitana, che ha ereditato dal padre.

Nel giorno del suo sessantesimo compleanno, mentre si prepara a festeggiare da sola (perché, diciamocelo, i suoi figli non si preoccupano troppo per lei), entra in scena Elia, un giovane e affascinante sconosciuto che, come nelle migliori favole, ha la macchina in panne.

Dopo avergli gentilmente prestato il telefono per chiamare il carroattrezzi, Gabriella lo invita nella sua lussuosa dimora. Qui iniziano subito a flirtare, anche se Gabriella sa ben poco di lui. Ma perché preoccuparsi dei dettagli quando si ha a disposizione un giovane aitante che sembra piovuto dal cielo?

Elia, con il suo fascino spregiudicato, non perde tempo e si mette comodo… persino troppo comodo. La loro storia viene presto scoperta dal figlio più giovane di Gabriella, Nico, che rientrando a casa dopo una festa, trova Elia in mutande in cucina. Nel momento in cui la relazione viene allo scoperto, i figli fanno fronte comune contro il nuovo compagno della madre.

Giacomo Gianniotti nudo Inganno serie TV
Elia/Giacomo Gianniotti sta a torso nudo per metà tempo… e non gliene si fa una colpa.

Da qui, le cose cominciano a precipitare: Gabriella, ferma sulle sue posizioni, presenta ufficialmente Elia ai figli durante un pranzo imbarazzante. Nico è sconvolto, Giulia col tempo sembra accettare la situazione senza battere ciglio (più indifferente che conciliante), mentre Stefano, il più sospettoso, inizia a scavare nel passato del giovane.

E che scopre? Scopre che Elia ha un curriculum tutt’altro che rassicurante: una società fallita alle spalle, una fuga dalla Spagna e, forse, una relazione clandestina. Ma, nonostante tutto, Gabriella rimane avvinta a questa storia d’amore, combattuta tra il desiderio di un nuovo inizio e l’ombra dei segreti che circondano il suo giovane amante.

Questa, in sintesi, è la trama. Ma se i segreti di Elia non bastavano a far vacillare davvero il sentimento di Gabriella, c’è qualcos’altro che, invece, ha fatto vacillare me: ovvero l’interpretazione di Monica Guerritore. Un’attrice dalla classe indiscutibile, ma la cui performance lascia spazio a qualche dubbio.

Ho letto molte recensioni online, e anche quando hanno stroncato la serie, in generale hanno lodato l’interpretazione di Monica Guerritore nei panni di Gabriella. Se devo essere onesta, credo più per rispetto del nome e della carriera dell’attrice che per la reale performance offerta in Inganno.

Pensate che c’è stata anche una nota testata online che ha scritto che la Guerritore è qui una “over-50” che si innamora di un giovane uomo. No, è inaccettabile, e vi dico perché. Non solo perché la Guerritore all’anagrafe ha 66 anni. Non solo perché nella serie interpreta un personaggio che vive un arco tra i 60 e i 61. Il punto è che non c’è niente di male nell’essere una over-60 che si innamora di un giovane uomo.

Togliere 10-15 anni alla Guerritore, o al suo personaggio Gabriella, è come dire, implicitamente, che una donna sessantenne è ‘troppo vecchia’ per una storia d’amore. Che la sua età è un difetto da nascondere. Ma perché mai? Perché una donna matura non può vivere una relazione appassionata, intensa e complicata con un uomo più giovane? Insistere su questa falsità finisce per sminuire proprio ciò che rende interessante e attuale la trama: l’amore e il desiderio non hanno età.

La (deludente) interpretazione di Monica Guerritore

Ma torniamo all’interpretazione della Guerritore. Ora, non fraintendetemi: lei è un’attrice di grandissimo talento. Ma qui qualcosa non ha funzionato come doveva. Non è questione di capacità, ma di credibilità.

Monica Guerritore Inganno Serie TV Netflix

Nei momenti di passione con Elia, la situazione si fa… come dire… un po’ goffa. Ci sono scene in cui i due dovrebbero trasmettere un’attrazione travolgente, ma finiscono per strappare un sorriso involontario. Specie quando lei si abbarbica a Elia o si sbaciucchiano con slancio. Dovrebbe comunicare l’impressione di una passione incontenibile, due amanti che non riescono a togliersi le mani di dosso. Purtroppo si vede che stanno recitando.

Non c’è chimica, e questo è un problema serio in una storia che si fonda sulla tensione erotica.

In generale, possiamo dire questo: gli attori in questa miniserie si muovono tra due estremi opposti. Da una parte, sembra di assistere a una performance da Teatro Strehler, con gesti, battute e una dizione talmente impostati da essere fuori luogo. Tutto è così solenne e studiato da mancare di quella naturalezza che una storia come questa richiederebbe.

Dall’altra, invece, ci sono momenti in cui sembra di essere catapultati in Un posto al sole. L’impressione è quella di essere finiti in una soap opera: cliché a non finire, espressioni vuote e dialoghi che sembrano usciti dai biscotti della fortuna. La cosa peggiore è che il più delle volte vengono messe in scena delle situazioni che richiedono la totale sospensione dell’incredulità.

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I tre figli, in un’immagine che rende bene la loro centralità – per lo più fuori fuoco – all’interno della serie

Vi faccio un esempio. C’è un passaggio in cui la figlia, che fa l’influencer, si trova vittima di uno stalker che si introduce in casa sua. Spaventatissima, si chiude in bagno. E che fa? Invece di chiamare la polizia, che potrebbe intervenire immediatamente sul posto, prestarle soccorso e affrontare un malintenzionato potenzialmente pericoloso, chiama la madre e le chiede di raggiungerla. Mettendo anche la madre in pericolo.

Perché viene fatto un gesto di simile stupidità? Perché le sceneggiatrici dovevano trovare un modo per ricucire il rapporto tra madre e figlia – e ovviamente non sapevano come farlo con mezzi più raffinati. E quindi ci teniamo anche il cliché dell’influencer scema.

Ma in realtà le incongruenze e le forzature sono moltissime.

Una sequenza che mi ha particolarmente infastidito è quella di Gabriella che, sfoggiando con nonchalance una serafica saggezza, decide nelle prime puntate di troncare con Elia dando la priorità al benessere della famiglia e dei suoi figli. Gli dice qualcosa tipo: «Una donna della mia età deve saper rinunciare a ciò che le piace» Ora, non ricordo con esattezza le parole, ma era appunto qualcosa sulla rinuncia e sul sacrificio di sé.

La cosa assurda è che, due minuti netti dopo, e senza mostrarci quali pensieri, riflessioni o evoluzioni abbiano attraversato la sua mente, la ritroviamo davanti la porta di casa che si spoglia sotto gli occhi di un comprensibilmente scioccato Elia.

Non c’è niente di strano a cambiare idea. Ma per lo meno – e lo dico come suggerimento per la prossima serie trash che Netflix vorrà produrre – sarebbe opportuno mostrare allo spettatore perché si è cambiato idea.

La quota-LGBTQ

Ci sono delle cose che mi sono piaciute in Inganno? Sì, ma prima di arrivarci, lasciatemi dire che il brutto non si ferma qui.  

Inganno queer LGBTQ

Oggi sembra impossibile guardare uno show senza che venga inserita una qualche “quota-LGBTQ”, un po’ come le famose “quote rosa” di un tempo (che, tra parentesi, mi davano fastidio allo stesso modo). E no, non sono una fan del purché se ne parli. Per me, ciò che conta è il modo in cui se ne parla. Affrontare le tematiche LGBTQ con superficialità, usando stereotipi solo per attirare un certo tipo di pubblico, è francamente squallido.

Ecco, in Inganno abbiamo due esempi che sembrano incastrati nella trama più per soddisfare la quota-LGBTQ che per reale valore narrativo. Da una parte c’è Nico, il figlio minore, che durante un confronto con Elia, del quale si è invaghito, si dichiara interessato “alle persone in sé” a prescindere dal genere, lasciando intendere una pansessualità che però non viene davvero esplorata. Anzi, alla fine ci sarà uno sviluppo legato al suo personaggio che mi ha lasciato francamente molto perplessa.

Dall’altra parte, abbiamo Stefano, il figlio maggiore, sposato e con prole, che vive una relazione extraconiugale con un uomo. Questa relazione lo rende felice, mentre con la sua famiglia lo vediamo sempre distratto, teso e insoddisfatto. E come va a finire? Naturalmente, Stefano sceglie di restare con la sua famiglia. Che è una scelta come un’altra – per carità.

Quello su cui discuto è la mancata assunzione di responsabilità della propria identità, la menzogna, il segreto. Come se tutta una parte della sua vita, delle sue scelte e delle sue preferenze alla fine venissero semplicemente cancellate, dimenticate. Come se non fossero mai esistite. Insomma, una rappresentazione della bisessualità sconfortante.

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Ma se pensavate che il disagio fosse finito qui, vi sbagliate. Uno dei momenti più assurdi è il tentativo di inserire una specie di ménage a trois (passatemi il termine) fra Gabriella, Elia e Marina, l’ex-compagna di Elia, incinta di lui.

In quel momento ho provato un vero e proprio disagio fisico nel guardare quella scena. Non per una questione morale, ma perché la sequenza è talmente forzata e mal gestita che sfocia nel grottesco. Mi è sembrato solo un tentativo (fallito) di scioccare lo spettatore, senza alcuna vera motivazione narrativa alle spalle.

Quindi, è tutto da buttare in questa miniserie? Sì e no. È davvero bruttissima, su questo non ci sono dubbi. Persino la colonna sonora, che di solito riesce a smussare le asperità di una narrazione, qui fallisce miseramente: è invasiva, mal concepita e priva di emozioni.

Ma c’è una cosa che mi è piaciuta, e anche tanto. Parlo della decisione di mostrare senza falsi pudori il viso e il corpo di una donna ultrasessantenne, senza filtri, senza ritocchi, e con tutte le sue gloriose imperfezioni.

Questo è raro, ed è un messaggio potente. Siamo talmente abituati a vedere sui nostri schermi solo corpi giovani, levigati, perfetti, che abbiamo quasi imparato a distogliere lo sguardo da ciò che non corrisponde a questi standard. La vecchiaia, l’imperfezione, la decadenza ci mettono a disagio, come se fossero qualcosa da nascondere o da correggere.

Invece, qui vediamo il corpo imperfetto di una donna matura che viene mostrato con una tale naturalezza che non si può non apprezzarlo. E questo mi ha davvero colpito. Perché quello che passa, per una volta, è un messaggio diverso: invecchiare non è una vergogna. Il corpo maturo, con le sue linee e i segni del tempo, non è meno degno di essere amato, desiderato e vissuto.

Inganno Guerritore Nuda

In una scena, Gabriella dice a Elia «Guardami». Questo è un messaggio potente. Le donne mature, nella nostra società, sono spesso invisibili. Il loro corpo viene ignorato, relegato ai margini, come se non fosse più degno di attenzione o desiderio. Ma qui, attraverso le parole di Gabriella e il corpo della Guerritore, viene trasmesso un messaggio diverso: le donne non smettono di esistere o di essere visibili solo perché hanno passato una certa età.

L’unico valore che salvo in Inganno è proprio questo: il corpo di Monica Guerritore. Ci ricorda che la bellezza non ha una data di scadenza, che le donne mature possono essere ancora piene di fascino e degne di essere guardate, amate e celebrate. È un atto di ribellione contro gli stereotipi di una società che tende a far scomparire le donne una volta raggiunta una certa età.

In conclusione, Inganno merita il successo che sta ottenendo? Certo, perché no. La sua popolarità non deriva certo dalla qualità dello show – che è evidente essere scadente sotto diversi aspetti. Nasce da un mix di elementi che lo rendono estremamente appetibile al grande pubblico. La brevità della serie, per dirne uno: sono solo 6 episodi da circa 40 minuti. La location mozzafiato della Costiera Amalfitana. E la tematica forte, anche se mal gestita: il potere della donna che rinasce, la donna che sogna un sogno tutto suo, senza più essere comandata – come dice Gabriella – «non dai padri, non dai mariti, non dai figli» ma dai propri sogni e dai propri desideri.

In più, diciamolo chiaramente, metà del lavoro lo fa il protagonista maschile, Giacomo Gianniotti, sulle cui capacità di recitazione sospendo il giudizio ma che è di certo un gran bel vedere. Se riuscite a sopportare il disastro della prima puntata, quello che segue è un viaggio di quattro ore che regala evasione, qualche risata involontaria e quel tipo di trash che, in fondo, non fa male. Anzi, ogni tanto ci vuole.

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