La vicenda delle donne di conforto è una pagina buia della storia coreana che continua a echeggiare nei rapporti contemporanei tra Corea e Giappone.
In questo articolo, esploreremo come il cinema e i drama abbiano rappresentato questa tragica realtà, mettendo in luce le sfide e le complessità di un passato che si intreccia inevitabilmente con il presente. La filmografia coreana, infatti, non solo documenta gli eventi storici, ma apre una finestra su come la società coreana interpreta il proprio passato doloroso.
Le donne di conforto nella storia coreana
Il cinema e i drama coreani hanno avuto il coraggio di affrontare la storia delle donne di conforto. Con questa espressione si intendono le donne ingannate, rapite e costrette a servire come schiave sessuali l’esercito giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. Questa vicenda è stata a lungo un tabù, ma alcuni registi hanno sfidato il silenzio per dare voce a storie dimenticate.
Prima di vedere quali film e serie TV hanno trattato questo argomento, cerchiamo di inquadrarlo storicamente.
Il fenomeno delle donne di conforto risale principalmente al periodo che precede e include la Seconda Guerra Mondiale, quando l’Impero Giapponese, in espansione e alla ricerca di consolidare il proprio potere in Asia, istituì un sistema di cosiddette “stazioni di conforto” per i propri militari. Tale sistema era finalizzato a prevenire le malattie veneree e le rivolte tra le truppe, nonché a fornire un “servizio” ai soldati come ricompensa per il loro lavoro.
Tuttavia, la realtà dietro a questo eufemismo di “stazioni di conforto” era molto più orribile: si trattava di una rete di bordelli militari in cui le donne venivano reclutate con l’inganno con la promessa di lavorare come cameriere, infermiere o in fabbrica. Altre venivano direttamente rapite dalle loro case nelle zone occupate dall’esercito giapponese. Erano principalmente coreane, ma anche cinesi, filippine, indonesiane, vietnamite, birmane… e una volta trasportate nelle cosiddette “stazioni di conforto” erano costrette a servire i soldati giapponesi come schiave sessuali.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, il sistema venne smantellato, ma la loro sofferenza continuò. Tornate in Patria, molte di loro subirono il giudizio e la stigmatizzazione, e si chiusero in un silenzio carico di vergogna a causa dei traumi vissuti. Solo negli anni ’90, il mondo iniziò a prendere atto del loro calvario quando alcune delle sopravvissute iniziarono a venire allo scoperto, chiedendo giustizia e riconoscimento.
Kim Hak-sun: la prima sopravvissuta a testimoniare
La prima sopravvissuta coreana che si fece avanti pubblicamente per rivelare di essere stata una donna di conforto durante la Seconda Guerra Mondiale fu Kim Hak-sun. Nel 1991, la donna ruppe il silenzio che aveva circondato la questione per decenni, testimoniando apertamente la sua esperienza.
Quello fu un momento cruciale che stimolò altre sopravvissute a condividere le proprie storie, marcando l’inizio di un movimento collettivo per il riconoscimento e la giustizia di tutte le donne che avevano subito simili sofferenze. La decisione di Kim Hak-sun di parlare non solo sfidò lo stigma associato alle vittime di violenza sessuale, ma mise anche in luce le atrocità commesse dall’esercito giapponese e l’esistenza stessa del sistema delle donne di conforto, che fino ad allora era stato largamente ignorato o minimizzato nella narrazione storica ufficiale.
La sua audace testimonianza aprì la strada anche a richieste di scuse ufficiali da parte del governo giapponese, che arrivarono ma non senza critiche. La Dichiarazione Kono del 1993 riconosceva l’implicazione dell’esercito nell’istituzione delle stazioni di conforto, ma molti ritengono che quelle scuse non siano state sufficientemente ampie o sincere, il che continua a essere motivo di tensioni diplomatiche tra il Giappone e la Corea.
Dalla storia allo schermo: le donne di conforto nei media coreani
Disclaimer: purtroppo la maggior parte dei film e drama di cui parlerò sono di difficile reperibilità in italiano. E’ possibile vederli sottotitolati in inglese.
Basato su storie vere di sopravvissute, Spirits’ Homecoming è un film del 2016 che racconta la tragica esperienza di due ragazze coreane rapite dall’esercito giapponese e costrette a diventare donne di conforto.
Separato in due filoni narrativi, il primo segue le disperate lotte per la sopravvivenza delle due giovani durante la guerra. Il secondo, invece, si focalizza su un’anziana sopravvissuta che – decenni dopo – cerca di fare pace con il suo passato tormentato. Il film è stato un fenomeno in Corea del Sud, scatenando un rinnovato interesse e un dialogo su questa vicenda. La sua forza risiede nell’abilità di connettere emotivamente gli spettatori con le sofferenze delle protagoniste, rendendo le loro storie universalmente sentite.
Snowy Road è un drama del 2015 che narra la vicenda di due giovani coreane che condividono un destino simile a quello di tante altre donne di conforto.
Inizialmente trasmesso come una serie TV e successivamente adattato in un film, esplora la loro amicizia e le sfide che affrontano insieme in uno dei periodi più bui della storia. La serie si distingue per il suo focus sul legame umano e sulla capacità di far fronte a orribili avversità. Mettendo in luce il potere della solidarietà, il drama offre una narrazione toccante che sfida lo spettatore a riflettere sulla capacità umana di sopportazione.
Ci sono poi tre drama che, se pur non focalizzati direttamente su questo argomento, lo trattano marginalmente. Uno è I can speak, del 2017. Racconta la vicenda di un’anziana signora che si rivela essere una sopravvissuta, e segue la sua inaspettata amicizia con un giovane funzionario del governo. L’altro è Pachinko, popolarissima serie TV del 2022 in cui si accenna al fenomeno delle donne di conforto. Il terzo è Tomorrow, che dedica a questo tema un intero episodio, il tredicesimo, Spring.
L’episodio ci immerge in una narrazione intensa e commovente. Al centro della trama troviamo Bok-hui, una donna di 91 anni il cui passato è segnato da decisioni difficili e ricordi dolorosi. In giovinezza, spinta dalle difficoltà economiche, aveva convinto la sua amica a cercare lavoro in una fabbrica in Giappone. Sfortunatamente, l’occupazione giapponese aveva trasformato drammaticamente il loro destino, portandole all’internamento nelle stazioni di conforto.
Nel corso dell’episodio assistiamo a momenti di solidarietà femminile e di resistenza contro l’oppressione, che non solo racconta una storia di sofferenza e sopravvivenza, ma celebra anche la forza in tempi di disperazione estrema.
È proprio la menzione delle donne di conforto in drama di successo come Pachinko e Tomorrow che ha contribuito a rendere tale fenomeno noto anche al nostro pubblico, sollevando consapevolezza su una pagina tanto dolorosa quanto fondamentale della storia contemporanea asiatica.
Donne di conforto: un passato da ricordare
Prima di terminare, voglio prendermi un momento per riflettere sulle storie che abbiamo condiviso oggi. Le vite delle donne di conforto, seppur segnate da sofferenze indicibili, ci insegnano il valore della dignità umana. Queste storie non sono solo un capitolo del passato; sono un monito per il presente e il futuro, un promemoria della necessità di ricordare e di agire contro le ingiustizie ovunque esse si verifichino.
Il nostro viaggio – per quanto breve – attraverso la filmografia coreana che tratta delle donne di conforto ci ha offerto uno sguardo unico su come l’arte possa essere un potente mezzo di sensibilizzazione e guarigione. Queste opere non solo commemorano le vittime ma ci invitano a una riflessione più profonda su temi universali di diritti umani, dignità e redenzione.
A voi, che mi avete accompagnato in questa esplorazione, grazie per aver letto e riflettuto con me su un tema tanto delicato. Insieme possiamo fare la differenza, non solo ricordando il passato, ma lavorando per un futuro in cui simili atrocità non si ripetano mai più. Vi lascio con un pensiero: la memoria è la luce che guida il cammino verso la giustizia. Conserviamo quella luce accesa.
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