Nelle settimane in cui è andato in onda, il web è stato letteralmente contagiato dalla febbre per King the Land, drama di punta di Netflix. Il successo è stato globale, tanto da aggiudicarsi la prima posizione tra le serie più viste in lingua non inglese in molti Paesi!
King the Land, un successo annunciato
La vicenda di questo drama ruota attorno a una giovane, Sa-rang, che per lavoro è costretta a sorridere tutto il tempo, e al suo capo, Go-won, che invece disprezza i sorrisi forzati e l’ipocrisia. I protagonisti lavorano nello stesso albergo di lusso, il che ovviamente crea le situazioni adatte al nascere di un rapporto tra i due.
La chimica tra i personaggi principali, interpretati da Lee Junho e Joon-a, ha portato all’inevitabile sbocciare del gossip. Si sono rincorse le voci di un flirt tra i due, prontamente smentite dalle agenzie. Il che non ha fatto che alimentare il successo della serie coreana.
Insomma: il drama è stato fortemente pubblicizzato; si è puntato su un cast di sicuro richiamo; la trama ha messo in campo la carta vincente del cliché CEO-segretaria (e varianti sul tema); la programmazione on-air ha alimentato l’hype settimana dopo settimana. King the Land non poteva che essere un successo.
Ma allora perché per me è stato un flop tale da farmelo droppare?
King the Land, il lato oscuro dei drama coreani
Anche io aspettavo la messa in onda di King the Land con trepidazione. E per questo drama sono arrivata a fare qualcosa che non è nelle mie corde: seguirlo on air. Questo la dice lunga sul potere persuasivo della campagna pubblicitaria che hanno saputo mettere in piedi.
Ben presto, però, le mie aspettative sono state deluse. Analizziamo i motivi.
King the Land è una perfetta operazione di marketing
Questo drama è fatto benissimo, ma dai coreani non mi aspetto niente di meno. Il comparto tecnico funziona alla grande, e regia, fotografia, costumi ecc. sono assolutamente perfetti. Tanto ben fatti da risultare patinati. Non un capello fuori posto, e si sono sprecati fiumi di inchiostro sugli abiti cuciti addosso a Junho per evidenziare il suo famoso lato B.
Il problema non è il fatto che il drama sia patinato e ‘perfettino’. Il problema è che il drama non ha una trama solida, e molte delle sue scene non sono altro che materiale da meme.
Nella celebre puntata in cui i due protagonisti vanno sull’isola di Jeju (ep. 3), il mio interesse ha seriamente iniziato a vacillare: 68 minuti di nulla, buoni solo per mostrarci alcune belle riprese di Jeju (suppongo promozionali) e Junho intento a fare quel sorriso storto cringissimo che è poi finito ovunque sui social.
Da spettatrice mi sono sentita presa in giro. Dov’è la storia? Cosa mi sta raccontando?
Insomma, qui non c’è altro che una serie di (bei) fotogrammi messi uno dietro l’altro, senza il minimo progetto narrativo.
Per non parlare poi dell’uso smodato del product placement. Siamo ormai abituati a veder pubblicizzati nei drama integratori, trucchi e prodotti di bellezza. D’altra parte i costi di produzione sono sempre più elevati, e per farvi fronte è necessario ricorrere agli sponsor – non c’è niente di male in questo. Tuttavia in King the Land si è passato il segno. Lunghi primi piani su orologi e brand di lusso hanno reso le puntate più simili a degli spot che a una serie TV!
King the Land è Junho… ma è abbastanza?
Ho letto da molte parti che la sola ragione valida per guardare King the Land è Junho. Bello, bravo e carismatico, la sua presenza sullo schermo varrebbe l’investimento del nostro tempo. O no?
Lo sapevano molto bene gli sceneggiatori, che hanno fatto fanservice quando hanno deciso di richiamare furbamente alcune scene storiche del nostro eroe in The Red Sleeve.
So che la mia è una unpopular opinion. Junho è un attore che mi piace molto (amatissimo ad esempio in Just between Lovers), ma se la storia non mi intriga e non mi dà emozioni, non spendo 20 ore del mio tempo solo per intravedere degli addominali scolpiti e un bel viso.
RomCom: leggero non significa superficiale
Ovviamente l’internet si è spaccato in due fazioni: c’è chi ama questo drama e chi come me lo ha trovato sopravvalutato. Sia chiaro, vedo i lati positivi in King the Land, e capisco che sia uno show attraente soprattutto per chi ha guardato ancora pochi drama.
Si scomodano i paragoni. C’è chi lo accomuna a What’s wrong with Secretary Kim. Chi lo trova simile a Business Proposal. Sono parallelismi legittimi, perché tutti questi drama si muovono nello stesso ambito delle RomCom: abbiamo un CEO più o meno problematico che finisce con l’innamorarsi della sua sottoposta.
Tuttavia, ci sono differenze abissali in termini di realizzazione. Per quanto io non sia esattamente una fan di Business Proposal (potete trovare la mia recensione qui… e capirete i motivi per cui l’ho bocciato), resta comunque un prodotto migliore rispetto a King the Land. Ed è tutto dire.
Quello che ci si aspetta da una RomCom è che sia leggera, frizzante e d’intrattenimento. Ma ‘leggero’ non significa ‘superficiale’. Faccio un esempio.
What’s wrong with secretary Kim è una commedia brillante, ben strutturata e solida, in cui gli elementi comici e quelli più seri e ‘drammatici’ si amalgamano bene e fanno funzionare ogni aspetto del rapporto capo/segretaria. Si capisce dove nasca l’amore di uno e l’esigenza di autonomia dell’altra. I caratteri sono ben delineati (e magnificamente recitati). Non per niente l’«Aura» di PSJ è diventata iconica e il drama è entrato di diritto tra i ‘classici’ delle commedie romantiche.
King the Land, considerazioni finali
Come se il battage pubblicitario e i gossip dei netizen non bastassero, ad alimentare il chiacchiericcio attorno a King the Land ci si sono messe anche le polemiche. Negli episodi 7 e 8 compare un personaggio musulmano la cui rappresentazione sommaria da parte dei coreani ha fatto letteralmente infuriare il mondo arabo.
Questo è l’esempio lampante di ciò che una grande produzione non dovrebbe fare. Ossia tratteggiare il “diverso da sé” sulla base di stereotipi fuorvianti, imprecisi e offensivi.
E’ stato fatto per superficialità? Ignoranza? O addirittura è stata una precisa scelta di marketing, volta ad aumentare le polemiche (e quindi l’interesse) nei confronti del drama? Non lo so, ma di fatto non ho apprezzato l’intera faccenda.
Una serie dovrebbe far parlare di sé per la sua storia, per le emozioni che sa regalare agli spettatori. Per cosa questo drama ha fatto parlare di sé? Beh, da quel che ho potuto giudicare seguendo i miei social e quelli altrui, gli unici argomenti sono stati il sedere di Junho e i bollenti spiriti che ha saputo suscitare; il gossip sul presunto flirt con Joon-a; la polemica dal mondo arabo. Della trama non ho letto una riga.
Impossibile poi sfuggire agli spoiler – qualunque social si aprisse. Pur avendolo droppato, so perfettamente come va a finire, e non certo perché mi sono informata. Davvero fastidioso.
Mi auguro di cuore che questa tendenza a voler riproporre sceneggiature di sicuro successo, scarsamente originali, che incontrano sì il gusto del pubblico, ma rischiano poco e annoiano molto, sia solo passeggera.
Il panorama coreano è capace di darci grandissime soddisfazioni attingendo a un universo unico e originalissimo. Speriamo che, per soddisfare un pubblico globale più ampio, non si appiattisca su prodotti visti e rivisti, perdendo la capacità di osare e sorprenderci come già brillantemente fatto in passato.
Curiosi di scoprire altri Flop?
Lascia un commento