Piccole Donne: una trama avvincente
Uno degli ultimi successi Netflix è stato Piccole Donne (Little Women), una rivisitazione estremamente libera del celeberrimo romanzo di Louisa May Alcott.
Piccole Donne: dal romanzo al kdrama
La versione sud-coreana di Piccole Donne presenta una trama che si discosta nettamente dall’originale, pur mantenendo alcuni punti di contatto: il forte legame tra le sorelle, innanzi tutto, che fa da filo conduttore dell’intera serie. E inoltre: la loro estrazione sociale, la presenza di una zia ricca, alcune sfumature caratteriali delle stesse sorelle, l’amico d’infanzia fedelmente innamorato di una di loro…
Tuttavia, le differenze superano di molto le analogie, al punto da farmi sorgere il sospetto che il titolo non sia altro che un’intelligente mossa di marketing.
Di cosa parla Piccole Donne? La trama è di fatto pretestuosa
Piccole Donne è la storia di tre sorelle cresciute in ristrettezze, che si trovano invischiate nelle macchinazioni di una delle più potenti famiglie di Seoul.
Tutto ha inizio con un suicidio e 70 miliardi di won rubati (circa 50 milioni di €). Sono i fondi neri di un’azienda e di un politico corrotto che si è candidato a Sindaco di Seoul. In un modo o nell’altro, tutte e tre le sorelle sono legate a quei soldi, a quell’uomo e alla sua famiglia.
La maggiore delle tre sorelle, Oh In-joo (Kim Go-eun) aveva un rapporto di amicizia con la donna che si è suicidata, e ha ricevuto da lei un inatteso dono di 2 miliardi di won.
La sorella di mezzo, Oh In-kyung (Nam Ji-hyun) è una reporter integerrima e ostinata, che ha subodorato la corruzione del candidato sindaco ed è determinata a smascherarlo.
La più piccola delle tre, Oh In-hye (Park Ji-hu) ha stretto un saldo legame d’amicizia con la figlia del candidato e si è trasferita a vivere in casa loro.
La storia si configura nelle prime puntate come un crime con accenni psicologici. Non lasciatevi ingannare. La vera natura di questo show non è nell’intreccio thriller e nemmeno nell’approfondimento dei personaggi (per quanto la caratterizzazione di Oh In-joo data da Kim Go-eun sia degna di merito). Non è nemmeno nella critica sociale alla Parasite come potrebbe sembrare all’inizio. Certo, viene messa in scena la disuguaglianza tra ceti diversi, la lotta per il denaro, l’avidità e la corruzione. Ma l’intento non è la denuncia sociale.
Piccole Donne è un makjang, puro intrattenimento
Tolte le prime tre puntate (a mio avviso le migliori) che servono a strutturare le fondamenta del drama e dargli un solido impianto, la serie prende velocemente l’aspetto di un makjang.
Con il termine makjang si intende un genere di drama caratterizzato da situazioni estreme, forzate, esageratamente ingarbugliate e che sfidano le leggi del buon senso o gli standard morali medi. Ecco: Piccole Donne è senza ombra di dubbio tutto questo. Avvincente? Certo. Godibile? Sicuramente. Credibile? Niente affatto, ma non era nelle intenzioni di chi l’ha realizzato.
Piccole Donne merita il successo che ha ottenuto?
Quando ho iniziato a vedere Piccole Donne ho pensato che fosse uno show davvero elettrizzante. Le prime puntate condensavano molti degli elementi che più amo in un kdrama: buona caratterizzazione dei personaggi, un’ambientazione familiare problematica e per questo potenzialmente interessante, figure femminili sfaccettate. Inoltre, come ho già accennato, l’inizio sembrava configurarsi come un thriller a sfumature psicologiche, il che lo rendeva ancora più appetibile ai miei occhi.
Vediamo allora quali sono gli aspetti che funzionano, e quelli che – a mio avviso – ne sanciscono la bocciatura.
Piccole Donne: che cosa funziona
Un aspetto originale è stato quello di aver imperniato l’intero ‘giallo’ su una misteriosa e stupenda orchidea blu. Fiore rarissimo, conosciuto come «Orchidea Fantasma», è dotato di proprietà allucinogene e viene trovato sulla scena di ogni delitto. Qual è il suo ruolo all’interno della storia? La curiosità cresce di puntata in puntata. Purtroppo, a mio avviso, l’enigma viene svelato troppo presto e la tensione cala irrimediabilmente.
Ci sono alcuni cameo di pregio in Piccole Donne. Il che ci dimostra che si tratta di una produzione di tutto rispetto, attenta ai dettagli e con un cast d’eccezione.
Nell’ep. 2 c’è una breve apparizione di Song Joong-ki nei panni del commesso di un lussuoso negozio di scarpe, Bruno Zumino.
La cosa interessante è la targhetta col suo nome: «Park Joo-hyung». Ricordate? E’ il nome coreano di Vincenzo. Una citazione davvero raffinata!
Ho letteralmente adorato Oh Jung-se (che ricorderete nei panni del fratello autistico in It’s okay to not be okay).
Qui lo ritroviamo nel ruolo del villain, ed è di un grande magnetismo. Dal mio punto di vista, la sua è la miglior performance del drama.
Piccole Donne: che cosa non funziona
Partiamo dalla considerazione che Piccole Donne è un drama avvincente, che si presta a essere bingiato. Il ritmo è veloce, molti sono i colpi di scena. Anche troppi, diciamolo.
Dopo l’8va puntata personalmente ho iniziato a risentire di una certa stanchezza: morti che resuscitavano, poi morivano, poi resuscitano ancora, poi chi lo sa. Cattivi ai limiti della stupidità. Omicidi alla luce del sole che restavano impuniti. Insomma, la sospensione dell’incredulità è d’obbligo se si decide di guardare questa serie.
Il problema tuttavia è un altro. Il problema è che il drama è caratterizzato da uno sgradevole anti-climax. Una volta scoperto chi c’è dietro gli omicidi e quali sono le sue motivazioni, la storia diventa un susseguirsi di eventi sempre più spettacolari ma sempre meno interessanti. La sceneggiatura è sbagliata, perché non avrebbe dovuto scoprire tanto presto le sue carte, mantenendo così alta la tensione dello spettatore.
Aspettiamo sempre di veder ‘sbocciare’ la protagonista, Oh In-joo – come ci viene detto in una scena. Ma di fatto non sboccia mai. Oh In-joo si trascina da un evento sfortunato all’altro, vittima degli accadimenti e delle proprie scelte sbagliate, finché il tutto viene risolto da una delle sorelle, come un deus ex-machina. Ecco, questa soluzione mi ha lasciato l’amaro in bocca.
Piccole Donne: un bersaglio mancato
A dispetto delle kstar sfoggiate in questo progetto, e del fatto che è stato diretto dallo stesso regista di capolavori quali Vincenzo e Crash Landing on You, Piccole Donne è a mio avviso un deciso flop. Quel che di buono offre lo deve alla performance dei suoi attori, soprattutto la bravissima Kim Go-eun che da sola regge l’intero drama sfoderando una gamma espressiva strabiliante.
La mia non è una bocciatura assoluta, in quanto si tratta di un prodotto di alta qualità, ben realizzato e sicuramente godibile – come ho già detto. Tuttavia, forse per le alte aspettative avute in fase di lancio, forse per la delusione seguita dopo le prime puntate, non posso dire che la serie raggiunga la sufficienza piena.
Voto: 5.5
Numero puntate: 12
Durata: 70 min. circa
Dove vederlo: Netflix
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