Eccoci arrivati al secondo capitolo dedicato alla miniserie che racconta la storia del rossetto rosso. Un viaggio in tre tappe che narra una vicenda straordinaria, fatta di luci e ombre, di mode e rivoluzioni, di simboli di potere e atti di ribellione.
Dopo aver esplorato le origini del rossetto rosso, dalle civiltà antiche fino al Medioevo, è il momento di fare un salto nell’Età Moderna. In questo secondo capitolo ci concentreremo su un periodo di grandi cambiamenti, che va dall’iconico look di Elisabetta I d’Inghilterra fino al 1912, anno in cui il rossetto iniziò a trasformarsi da semplice cosmetico a simbolo sociale e politico.
Preparatevi a scoprire come il rossetto rosso abbia continuato a lasciare il segno nella storia, un’epoca dopo l’altra.
Il rossetto rosso nell’epoca elisabettiana
Elisabetta I d’Inghilterra regnò dal 1558 al 1603, un periodo che trasformò il Paese in una vera potenza. L’età Elisabettiana fu un periodo di scoperte audaci e fermento culturale, in cui i navigatori tracciavano nuove rotte verso le Americhe, mentre il teatro elisabettiano fioriva con le opere di Shakespeare e Marlowe, regalando al mondo storie immortali. Quest’epoca non segnò solo un momento di forza politica, ma anche un’esplosione di creatività che definì l’identità di una nazione intera.
Elisabetta I si distinse e passò alla storia – tra le altre cose – anche per il suo iconico look: pelle pallidissima, quasi eterea, resa bianca dall’uso di cerussa (un pigmento a base di piombo) e labbra rosso acceso che spiccavano sul viso, incorniciato dai suoi caratteristici capelli rossi, di un rosso carota, spesso acconciati in elaborate pettinature e intrecciati a monili di perle.
Questo aspetto teatrale e inconfondibile non solo diventò il simbolo del suo potere, ma rese il trucco – e in particolare il rossetto rosso – un emblema di fascino e autorità regale. Ma l’epoca d’oro del rossetto rosso non durò a lungo…
I secoli bui del rossetto rosso
Il successore di Elisabetta, Giacomo I, con la sua ossessione per la stregoneria, guardava con sospetto alle pratiche cosmetiche, temendo che alterare l’aspetto naturale fosse un inganno quasi “diabolico.”
La sua ossessione per la stregoneria si era sviluppato già durante il suo regno in Scozia, prima di salire al trono d’Inghilterra. Nel 1597 aveva pubblicato il trattato Daemonologie, in cui descriveva come identificare e combattere le streghe, considerate agenti del demonio. Episodi come il «processo alle streghe di North Berwick», accusate di cospirare contro di lui, avevano contribuito ad alimentare la sua paranoia.
Questo clima di paura e sospetto si rifletteva anche in questioni quotidiane. Il trucco e altre pratiche considerate “ingannevoli” venivano associate a un allontanamento dall’ordine divino, consolidando l’idea che l’apparenza in qualche modo manipolata fosse un segno di immoralità o persino di connessione con il male.
Nel 1770 il Parlamento britannico approvò una legge che rifletteva le ansie persistenti sull’alterazione dell’aspetto femminile. Questa legge dichiarava che l’uso di artifici cosmetici e accessori come parrucche, dentiere e scarpe col tacco alto – qualsiasi cosa che potesse modificare l’aspetto naturale di una donna – fosse motivo sufficiente per annullare un matrimonio, qualora si scoprisse che questi “inganni” erano stati usati per attrarre il marito. In casi estremi, tali azioni potevano persino giustificare un’accusa di stregoneria.
Sebbene oggi sembri assurdo, questa legge rispecchiava la diffidenza nei confronti del trucco e di qualsiasi strumento percepito come un modo per manipolare l’aspetto femminile.
Il rossetto rosso nell’epoca vittoriana
Con l’avvento dell’epoca vittoriana, che dominò grossomodo il 1800, si diffuse un clima decisamente puritano. La regina Vittoria aveva una personalità piuttosto riservata e incline al rispetto delle convenzioni sociali, e il suo regno enfatizzò valori come modestia, sobrietà e disciplina.
Il trucco divenne socialmente inaccettabile per le donne rispettabili, visto come un segno di vanità e di scarsa moralità. Indossare cosmetici, e in particolare la tintura rossa per le labbra, era considerato volgare e moralmente discutibile. Quindi, scomparve del tutto dalla circolazione? Beh, non esattamente.
Le donne vittoriane, costrette a mantenere un aspetto “naturale,” usavano metodi ingegnosi e discreti per colorare le labbra senza sembrare truccate. Se le mordevano oppure le strofinavano con nastri rossi per ottenere un colore tenue ma apparire ancora rispettabili. Inoltre, si scambiavano ricette “clandestine” per produrre un rossetto fatto in casa senza attirare sospetti.
Le donne benestanti, invece, per aggirare le restrizioni della puritana Inghilterra, si recavano in Francia, a Parigi, dove nel 1884 un produttore di nome Guerlain aveva iniziato a creare profumi e anche un rossetto rosso in tubetto chiamato con il suggestivo nome Ne m’oubliez pas (“Non mi dimenticare”), realizzato con ingredienti naturali come pompelmo, burro e cera d’api.
Questo rossetto segnò una svolta per le donne che potevano permetterselo, dando inizio alla diffusione dei cosmetici di lusso e alla normalizzazione, seppur lenta, del trucco labbra nelle classi elevate.
Ma la vera e propria rinascita del rossetto rosso avvenne negli primi decenni del XX secolo, con le suffragette e con un altro importante nome della cosmetica globale: Elizabeth Arden.
La definitiva rinascita del rossetto rosso: il 1912, le suffragette, Elizabeth Arden
Elizabeth Arden nacque nel 1878 in Canada in una famiglia modesta. Si trasferì negli Stati Uniti nei primi del ‘900, e iniziò a lavorare in un laboratorio di bellezza, dove sviluppò la sua passione per i cosmetici e la cura della pelle. Nel 1910 aprì il suo primo Salone a New York, sulla celebre 5th Avenue, introducendo concetti nuovi come i trattamenti di bellezza su misura e la skincare per ogni tipo di pelle. Fu tra le prime a promuovere l’idea che il trucco fosse adatto anche alle donne rispettabili, sfidando i pregiudizi dell’epoca.
Elizabeth Arden giocò un ruolo centrale nel trasformare il rossetto in un simbolo di emancipazione e di libertà per le donne.
Il 1912 è l’anno che ha rivoluzionato la storia del rossetto rosso. In un’epoca in cui era ancora considerato da molti un cosmetico provocatorio e poco rispettabile, Elizabeth Arden fece un gesto che cambiò tutto. Si unì al movimento femminista per le strade di New York, distribuendo rossetti rossi alle donne che marciavano per il diritto al voto.
Il rossetto rosso come simbolo di emancipazione femminile
Questa scelta fu un’affermazione visiva potente, che trasformava il rossetto in uno strumento politico e simbolico. Il rosso sulle labbra divenne rapidamente un segno di sfida e di solidarietà femminile.
Le leader del movimento femminista americano (Elizabeth Cady Stanton, Charlotte Perkins Gilman ed Emmeline Pankhurst) ne abbracciarono il significato, indossandolo come un simbolo del desiderio di libertà e di diritti. Le labbra vermiglie divennero un vero e proprio manifesto, esprimendo il messaggio che le donne non avrebbero più accettato di rimanere in silenzio o sottoposte a restrizioni arbitrarie volute da altri.
Questo momento segnò una svolta per il rossetto rosso, trasformandolo da segno di seduzione a simbolo di emancipazione. Con il sostegno di Elizabeth Arden, il rossetto iniziò a essere percepito come qualcosa di più: un mezzo per affermare il proprio posto nella società, segnando l’inizio della sua ascesa come emblema di potere, indipendenza e rivoluzione personale.
I ruggenti anni ’20 e l’ascesa delle flappers
I primi decenni del secolo scorso furono ricchi di cambiamenti sociali, molti dei quali riguardavano proprio le donne. Pensate al fatto che si liberarono dai corsetti, iniziando a vestirsi in modo più comodo e funzionale.
Durante i ruggenti anni ’20, poi, emerse la figura delle flappers, giovani donne indipendenti che sfidavano le convenzioni dell’epoca con abiti corti, capelli alla maschietta, una sessualità libera e disinibita. Fumavano, bevevano, guidavano proprio alla stregua di un uomo. Le flappers amavano ballare, frequentare locali jazz e vivere con una libertà fino ad allora impensabile.
Portavano il rossetto rosso acceso, simbolo di audacia e modernità, e rappresentavano l’avanguardia di una nuova era in cui le donne iniziavano a rivendicare i propri spazi, i propri diritti e un’immagine diversa, più indipendente e autonoma.
Questa rivoluzione nello stile e nell’atteggiamento segnò una rottura con il passato e rifletteva una trasformazione profonda del ruolo femminile, dal modo di vestirsi all’espressione di sé, che avrebbe ispirato le generazioni successive.
Siamo a un passo dal 1933, dall’ascesa di Hitler e del Terzo Reich, un periodo segnato da conflitti devastanti e dalla Seconda Guerra Mondiale che sconvolgerà tutti gli equilibri. Saranno anni terribili, eppure anche in quei momenti drammatici il rossetto rosso continuerà a raccontare una storia straordinaria, fatta di resistenza e significati inattesi. Ne parleremo nel terzo e ultimo capitolo di questa miniserie.
Ma se siete curiosi e non potete aspettare, trovate la storia completa del rossetto rosso sul Podcast Dentro le Storie, che vi lascio qui sotto.
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