Siamo arrivati al terzo ed ultimo capitolo dedicato alla miniserie che racconta la storia del rossetto rosso. Un viaggio in tre tappe che narra una vicenda straordinaria, fatta di luci e ombre, di mode e rivoluzioni, simboli di potere e atti di ribellione.
Dopo aver esplorato le origini del rossetto rosso, dalle civiltà antiche fino al Medioevo, e il suo ruolo nell’Età Moderna, è arrivato il momento di immergerci nel XX secolo. In questo capitolo ci concentreremo in un periodo segnato da eventi drammatici e rivoluzionari, dalla Seconda Guerra Mondiale fino ai giorni nostri, in cui il rossetto rosso si è trasformato in un simbolo di resilienza, ribellione e forza femminile.
Preparatevi a scoprire come questo straordinario cosmetico abbia continuato a lasciare il segno, adattandosi e resistendo attraverso le epoche.
Il rossetto rosso durante la Seconda guerra mondiale
Durante il periodo bellico, il rossetto rosso divenne un vero simbolo di forza e identità femminile. Già nel 1933 Vogue e altre riviste avevano dichiarato che «mettersi il rossetto rosso era il gesto più caratteristico del XX secolo». Ma fu durante la Seconda guerra mondiale che questo gesto assunse un significato patriottico.
Una fotografia del 1943 catturò l’essenza di quel periodo: Phyllis Cotte, operaia alla Douglas Aircraft Company di Santa Monica, in California, venne ritratta con una cintura di proiettili calibro 50 mentre si applica il rossetto. Un’immagine diventata celeberrima, perché celebra la fusione tra femminilità e forza, con le donne impegnate nelle fabbriche a sostenere lo sforzo bellico.
Il rossetto rosso divenne anche un potente simbolo antifascista, perché? Adolf Hitler pare lo odiasse profondamente, e le donne nei Paesi alleati iniziarono a indossarlo come simbolo di opposizione e resistenza.
Nel 1941, alle donne americane arruolate nell’esercito venne addirittura richiesto di indossarlo. Tant’è che vennero create delle tonalità (come Regimental Red di Helena Rubinstein e Victory Red di Elizabeth Arden) appositamente per le donne in divisa.
Elizabeth Arden (per capire la sua storia e la sua importanza, leggi qui) ricevette l’incarico dal governo americano di ideare un rossetto e uno smalto specifici per le donne dei Marines. Nacque così Montezuma Red, una sfumatura che richiamava i dettagli rossi delle loro uniformi. Il nome non era casuale, ma un omaggio all’inno dei Marines, che promettevano in un verso di combattere «dai palazzi di Montezuma alla costa di Tripoli»
Durante gli anni della guerra il rossetto rosso si trasformò da simbolo di ribellione (com’era stato per le suffragette e il movimento femminista) a emblema di patriottismo e resistenza. Sara Schaffer, nel suo saggio interamente dedicato all’impatto storico e sociale del rossetto nella storia*, ha affermato con decisione che in quel periodo il rossetto rosso era «parte vitale dello sforzo bellico».
Vorrei concludere con un fatto che mi tocca profondamente. Durante il mio percorso di studi in Filosofia ho avuto l’opportunità di approfondire il tema della Memoria della Shoah, che è diventato per me un argomento caro e sensibile, al quale ho dedicato la tesi di laurea. Per questo, il gesto compiuto il 15 aprile 1945, quando le truppe britanniche liberarono il campo di concentramento di Bergen-Belsen, mi compisce particolarmente. La Croce Rossa britannica, oltre ai generi di prima necessità, inviò scatole di rossetto rosso per le sopravvissute, per aiutarle a ritrovare un senso di normalità, individualità e soprattutto dignità in un momento di rinascita dalle tenebre.
Ed è così che durante la guerra il rossetto rosso si impose come un potente simbolo di patriottismo e coraggio, una dichiarazione di femminilità e forza in tempi di grande difficoltà.
* Reading our lips: the history of lipstick regulation in western seats of power, 2006. L’interessante saggio della Shaffer si trova in formato pdf anche online.
Il rossetto rosso come forma di attivismo e lotta politica
Dalla fine della guerra a oggi, il rossetto rosso non ha più conosciuto grandi crisi – al massimo le naturali oscillazioni delle mode. Si è affermato come un classico intramontabile, celebrato da dive iconiche come Marilyn Monroe e Elizabeth Taylor, che ne hanno fatto un elemento fondamentale della loro immagine e un simbolo di femminilità.
Anche le figure politiche ne hanno colto il potere comunicativo. Basti pensare a Margaret Thatcher, che negli anni ’80 indossava una sfumatura di rossetto rosso brillante e deciso, esprimendo così sicurezza e autorevolezza in un mondo politico dominato dagli uomini.
Le proteste che usano il rossetto rosso come strumento di ribellione
Il rossetto rosso come simbolo di ribellione e lotta politica non è mai passato di moda. Pensate che nel 2018 il rossetto rosso divenne un simbolo di protesta contro il regime di Daniel Ortega in Nicaragua. Cosa accadde? Venne arrestata Marlen Chow, una sociologa e attivista femminista, durante una manifestazione antigovernativa.
Durante l’interrogatorio, quando le fu chiesto a quale organizzazione appartenesse, rispose ironicamente di essere membro dell’Associazione delle Donne Nicaraguensi “Pico Rojo” (in spagnolo significa letteralmente “becco rosso”, ma per estensione anche “labbra rosse”), un gruppo inesistente. Questo gesto ispirò molti nicaraguensi a dipingersi le labbra di rosso e a condividere foto sui social media con l’hashtag #SoyPicoRojo, esprimendo solidarietà verso i prigionieri politici e opponendosi alla repressione governativa.
La campagna si diffuse rapidamente, coinvolgendo sia donne che uomini, e divenne un simbolo di resistenza creativa contro l’oppressione.
L’anno successivo, nel 2019, in Cile, circa 10.000 donne scesero in piazza per protestare contro la violenza di genere, l’impunità per le aggressioni sessuali e la disuguaglianza sociale. Questa manifestazione faceva parte di un movimento più ampio, nato con la performance virale chiamata Un violador en tu camino (“Uno stupratore sul tuo cammino”), ideata dal collettivo femminista cileno Las Tesis.
La protesta vide migliaia di donne con gli occhi coperti da una benda nera e il rossetto rosso come simbolo di forza e solidarietà. Intonarono in coro la canzone di protesta che denunciava la cultura dello stupro e l’abuso di potere istituzionale, puntando il dito contro polizia, giudici e governo per la loro complicità. Il testo accusava direttamente il sistema di opprimere le donne e di giustificare la violenza.
Questa performance si diffuse rapidamente a livello globale, diventando un modello per i movimenti femministi in tutto il mondo. Un violador en tu camino fu ripetuta in molte città e paesi, dall’America Latina all’Europa, portando l’attenzione internazionale sulle problematiche di genere e sulle violazioni dei diritti umani che ancora affliggono molte donne.
È straordinario vedere come lo spirito con cui le suffragette indossavano il rossetto rosso cento anni fa, simbolo di sfida e rivendicazione dei diritti, sia ancora vivo e potente oggi. Quel gesto, nato per dichiarare con fierezza l’identità femminile e la volontà di cambiare le cose, risuona ancora nelle proteste contemporanee, dove il rossetto rosso continua a essere un emblema di ribellione e forza.
Rossetto rosso: un simbolo tra passato e futuro
E così, il rossetto rosso ha attraversato epoche e continenti, trasformandosi e adattandosi, ma senza mai perdere il significato che lo rende unico. È passato da simbolo di seduzione a emblema di emancipazione, da accessorio di bellezza a manifesto di resistenza.
Ma perché proprio il rosso? È il colore del fuoco, del sangue, della vita stessa. È un simbolo di passione e coraggio, ma anche di lotta e patriottismo.
Non è un caso che questo colore si sia trasformato in un segno potente contro la violenza di genere. Pensiamo alle scarpe rosse, diventate il simbolo internazionale delle campagne contro i femminicidi.
La loro storia ha origine a Ciudad Juarez, in Messico, dove nel 2009 l’artista Elina Chauvet collocò in una piazza 33 paia di scarpe rosse per ricordare le donne uccise, tra cui sua sorella, assassinata dal marito a soli 20 anni. Da allora, le scarpe rosse sono diventate un’immagine universale di sensibilizzazione. E lo stesso vale per la panchina rossa, che oggi vediamo nelle città e nei Paesi di tutto il mondo: un invito concreto a fermarsi e riflettere.
Il rosso è più di un colore: è una dichiarazione di vita, di forza, di giustizia. In ogni gesto – un rossetto, un paio di scarpe, una panchina – ci ricorda che c’è ancora una battaglia da combattere, un mondo da cambiare. Il rossetto rosso continua a parlarci, a dirci che non dobbiamo mai abbassare la testa e mai stare zitte. Perché, in fondo, quel colore siamo noi.
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