Ufficio reclami dei Grandi Magazzini. Caos totale. Benjamin è lì, alla sua solita postazione, a prendersi la colpa di ogni errore del sistema. Intorno a lui, clienti che s’infuriano, scaffali che traballano e impiegati che si nascondono dietro sorrisetti falsi.
«La compassione, ragazzo mio, la compassione! Lei ha un vizio raro: compatisce», direbbe qualcuno da qualche parte tra le corsie.
Ma qui non c’è spazio per la compassione, perché stiamo parlando di un grande narratore come Daniel Pennac e del suo Benjamin Malaussène, il personaggio attorno a cui ruota una delle saghe che ha segnato la letteratura europea tra la metà degli anni ’80 e i primi anni 2000, vendendo oltre 5 milioni di copie nel mondo.
Il ciclo Malaussène si compone complessivamente di otto romanzi. Tutto ha preso le mosse con Il Paradiso degli Orchi, un poliziesco sui generis, che méscola suspense, ironia e riflessioni profonde. Arrivato in Italia nel 1991, sei anni dopo l’uscita francese, la saga Malaussène ci ha portato, libro dopo libro, a spasso tra le assurdità dei Grandi Magazzini prima e delle Edizioni del Taglione poi. Ci ha fatto respirare le nevrosi della società e i piccoli grandi drammi del vivere quotidiano, attraverso la stramba tribù che abita quelle pagine.
Questa saga, che ci ha tenuto compagnia per oltre tre decenni, si è conclusa ufficialmente l’anno scorso, nel 2023, con l’uscita di Capolinea Malaussène. Ne parleremo oggi, cercando di capire se quest’ultimo romanzo – ma in realtà anche quello precedente – valgano davvero la pena di essere letti, analizzandone pregi e difetti. Ma soprattutto, li useremo come punto di partenza per riflettere su un fenomeno più ampio.
Pennac nei suoi libri ci ha insegnato che raramente le risposte portano alla verità, ma piuttosto lo fa il flusso di domande. Pertanto ci chiederemo: perché alcune storie non sanno fermarsi al momento giusto? Perché autori come Daniel Pennac, che un tempo ci facevano sognare, finiscono per trascinare le loro creature, perdendo per strada parte della loro magia?
Il Paradiso degli Orchi, dove la magia della saga Malaussène ha inizio
Tutto prende le mosse nei Grandi Magazzini, dove Benjamin lavora come capro espiatorio. Qual è il suo compito? Farsi sgridare da clienti inferociti per colpe che non ha mai commesso, in modo che questi venuti a reclamare si impietosiscano al punto da rinunciare al risarcimento.
Il Paradiso degli Orchi è il primo romanzo della saga, dove conosciamo la tribù Malaussène, la famiglia al completo. E che famiglia, poi. Sopra una vecchia ferramenta di Belleville, la tribù vive e prospera nel suo disordine creativo.
La sorella infermiera di Benjamin, Louna cerca di bilanciare turni infiniti in ospedale con la non del tutto lieta scoperta di essere incinta. L’enigmatica Thérèse predice il futuro con una infallibilità lievemente inquietante. Jérémy, vero e proprio uragano della famiglia, ribattezza chiunque entri a far parte della tribù con nomi assurdi ma sempre azzeccati. Clara è l’artista, la sorella prediletta di Benjamin, capace di trasformare qualsiasi disastro in una creazione aggraziata. E non possiamo dimenticare Julie, la giornalista d’assalto e grande amore del protagonista, che conosciamo nel primo romanzo della saga mentre tenta di rubare un maglioncino ai grandi magazzini dove Benjamin lavora. Julius il cane sembra il più tranquillo di tutti… finché non arriva una delle sue crisi epilettiche, preludio di immancabili sventure…
Insomma, la loro vita è un intreccio di drammi, comicità e assurdità quotidiane, che si fondono perfettamente con le atmosfere parigine, le storie noir, poliziotti stravaganti, vecchiette invadenti, giornalisti ficcanaso e criminali improbabili. Nelle pagine della saga, la miseria si mescola alla magia delle piccole cose, in un continuo gioco tra commedia e tragedia, capace di far riflettere sorridendo.
Daniel Pennac: l’inizio del declino della saga Malaussène
Ma, libro dopo libro, qualcosa si è incrinato. Negli ultimi romanzi il meccanismo ben oliato di Belleville ha cominciato a cigolare. Se i primi quattro volumi avevano rappresentato un’esplosione di creatività e freschezza, a partire dal quinto, Ultime notizie dalla famiglia, si è cominciato a intravedere l’inizio del declino.
L’edizione italiana accorpa due testi distinti.
Il primo è Signor Malaussène a teatro, pubblicato nel 1995. È un esilarante monologo sulla paternità in cui Benjamin si rivolge al figlio, rievocando la sua nascita in circostanze del tutto fuori dall’ordinario. Julie, la sua compagna, era stata costretta ad abortire. Tuttavia, suor Gervaise, figlia dell’ispettore Van Thian e impegnata a redimere le prostitute, si offre di portare avanti la gravidanza in modo del tutto inaspettato. Il medico, in una delle situazioni surreali tipiche di Pennac, preleva l’embrione dal corpo di Julie e lo impianta nell’utero della suora. Così, nonostante tutto, il figlio di Benjamin nasce, però attraverso un cammino che sembra uscito da una curiosa favola moderna.
Cristiani e Mori, invece, è il secondo romanzo del volume italiano, e vede Il Piccolo – cioè il fratello minore di Benjamin – in cerca di notizie sul proprio padre, tanto da iniziare uno sciopero della fame per ottenere risposte. Ma nessuno è in grado di soddisfare la sua curiosità, perché l’identità del padre resta un mistero per tutti.
Benché queste vicende siano ancora interessanti dal punto di vista narrativo, mancano della complessità e del mordente che avevano reso i precedenti romanzi memorabili. Inoltre, l’idea di unire in un solo volume due storie così diverse, sia nello stile sia nei temi, ha compromesso la coerenza del racconto. Il risultato è frammentato e meno coinvolgente.
La situazione è lievemente migliorata con il romanzo successivo: La passione secondo Thérèse, un libricino breve ma delizioso e visionario.
Al centro della vicenda c’è una notizia sconvolgente: la sfuggente sorella medium di Benjamin, sempre distante e immersa nei suoi tarocchi, è innamorata e ha deciso di sposarsi. Il promesso sposo è un uomo apparentemente irreprensibile, dedito alla beneficenza.
Tuttavia Benjamin è scettico e preoccupato e decide di indagare sul futuro cognato, certo che ci sia qualcosa di losco dietro la sua immagine tutta d’un pezzo. Inizialmente non trova nulla.
I suoi timori però si rivelano che fondati quando, il giorno dopo il matrimonio, due omicidi e un misterioso incendio gettano un’ombra oscura sulla nuova vita della sorella.
Il romanzo è breve e tutto da scoprire. E’ interessante perché – pur non avendo la complessità narrativa dei precedenti – è attraversato da un’atmosfera languida e sensuale, una sorta di mollezza che avvolge ogni pagina, creando un contrasto intrigante con il personaggio di Thérèse, fino a quel momento descritto come rigido e distante.
Diciotto anni dopo La passione secondo Thérèse, nel 2017 in libreria ho visto comparire Il caso Malaussène. Mi hanno mentito. Pensate la mia sorpresa, ma anche la mia trepidazione, all’idea di ritrovare quei personaggi che avevo amato tanto e di rivivere le atmosfere di Belleville, in un nuovo capitolo che prometteva di chiudere finalmente i conti della famiglia Malaussène. Era un libro corposo, che mi prospettava ore di felicità narrativa davanti.
Gli ultimi due romanzi della saga Malaussène: un piacevole scivolone
Le mie aspettative, purtroppo, sono state deluse…
La storia si svolge molto tempo dopo i fatti dell’ultimo romanzo, La passione secondo Thérèse. Tutto inizia con il rapimento di Georges Lapietà, ex ministro e uomo d’affari.
Benjamin si trova nelle Prealpi del Vercors insieme a Julie e al suo cane Julius, mentre il resto della famiglia è sparso in varie parti del mondo, impegnato in attività di volontariato.
Quando i sospetti del rapimento iniziano a concentrarsi sui suoi nipoti, Mara, Nange e Sigma, la situazione precipita. Inizia così un’indagine che viene portata avanti tra sparatorie, improbabili scontri armati, rocambolesche fughe e colpi di scena.
A questa vicenda si intreccia quella dello scrittore Alceste, punta di diamante delle Edizioni del Taglione. Alceste ha scatenato l’ira della sua famiglia dopo aver scritto un libro autobiografico. Per proteggerlo dai parenti inferociti, decisi a ucciderlo, Malaussène viene incaricato di nasconderlo.
Uno dei grandi problemi di questo romanzo è il fatto che la storia non trova una vera conclusione. Pennac sembra rimandare tutto a un “poi”, senza portare a termine importanti archi narrativi. L’uomo d’affari rapito viene liberato? Che fine fa? Cosa accade con la pubblicazione del secondo libro di Alceste? Nulla di tutto questo trova una risposta. Questo faceva pensare, già nel 2017, che ci sarebbe stato un secondo volume.
Ma qual è il punto? Pennac, nel suo saggio Come un Romanzo, tra i suoi famosi «diritti del lettore» aveva parlato del «diritto di non finire un libro». Tuttavia, questo diritto appartiene al lettore, non allo scrittore. Quando un libro viene venduto come conclusivo, e non come parte di una dilogia, le intenzioni dell’autore devono essere ben chiare. Lasciare il lettore nell’incertezza non è accettabile.
La tribù Malaussène: quando i personaggi ti prendono la mano
Uno dei problemi principali di questi ultimi capitoli è che Pennac sembra essere stato sopraffatto dai suoi stessi personaggi.
Se all’inizio raccontare le vicende della famiglia Malaussène era stato affascinante, a lungo andare è come se siano loro a prendere il controllo della storia. L’autore li fa tornare in scena tutti, dai più rilevanti ai minori. Il risultato è che queste figure, un tempo fresche e originali, ora appaiono sbiadite e forzate, quasi delle caricature di ciò che erano in principio.
E così, l’anno scorso siamo arrivati al capolinea – con l’ultimo romanzo, intitolato appunto Capolinea Malaussene. Era ora, dico io. Ammetto di aver acquistato il libro come atto di nostalgia e tributo verso quello che la saga ha rappresentato per me.
La storia riprende esattamente da dove ci aveva lasciati: Georges Lapietà, un uomo d’affari, viene rapito dai tre cugini dell’ultima generazione dei Malaussène.
Qual è il loro piano? Quello di mettere in scena una performance orchestrata con la complicità del figlio di Lapietà. L’idea, in sostanza era quella di inscenare un finto sequestro per lasciare un segno nel mondo.
Ma, come spesso accade nella tribù Malaussène, le cose sfuggono di mano quando entra in scena Nonnino, un gangster senza scrupoli, pronto a trasformare lo scherzo in un vero incubo.
Da lì in avanti, il destino di Lapietà si intreccia con quello della famiglia Malaussène. Le loro vite incontrano inenarrabili pericoli, mentre Nonnino e la sua banda di malviventi prendono il controllo, portando tutti sull’orlo del baratro.
La recensione di Capolinea Malaussène di Pennac: perché è un flop
Non mi concentrerò oltre sulla trama, perché è davvero intricata e credo sia più interessante, arrivati a questo punto, dirvi onestamente cosa ne penso. Capolinea Malaussène è una girandola di situazioni paradossali, e nonostante questo risulta privo di vero entusiasmo. La storia sembra trascinarsi stancamente, pur conservando la tipica impronta visionaria di Pennac. Ma quella stessa visione, che un tempo aveva il potere di tratteggiare un mondo unico e immaginifico, qui appare spenta, ridotta a un mero esercizio di stile.
Un aspetto che penalizza profondamente i due capitoli conclusivi della saga è la scelta – a mio avviso inconcepibile – di mettere ai margini della narrazione la figura di Benjamin. Benjamin, che è sempre stato il cuore della saga, il personaggio che dava energia alla trama ogni volta che entrava in scena, viene relegato in secondo piano, e si sente. Era lui il nostro collegamento con il mondo surreale dei Malaussène, il punto di equilibrio tra caos e riflessione. Senza la sua voce, la storia perde parte della sua anima.
Al suo posto, troviamo i personaggi della nuova generazione. Per quanto stravaganti, non riescono a raggiungere l’originalità e la freschezza dei primi Malaussène. Sembrano più forzati, quasi consapevoli della loro ‘stranezza’, e finiscono per apparire come semplici caricature dei loro predecessori.
Insomma, Capolinea Malaussène è un romanzo che si affanna a recuperare la magia dei primi capitoli della saga, ma che non riesce a ritrovare il ritmo e l’energia che un tempo rendevano indimenticabili le avventure della tribù.
Saghe infinite: ne abbiamo davvero bisogno?
A questo punto, quello che dobbiamo chiederci è: c’era davvero bisogno di continuare la saga Malaussène, di trascinarla e spremerla fino a snaturarla? Perché a volte gli autori di saghe di successo non riescono a lasciare andare i loro personaggi quando sono ancora all’apice?
La risposta non è semplice, ma possiamo considerare diversi aspetti. Da un lato, c’è il legame emotivo tra l’autore e i suoi personaggi, un legame che si costruisce attraverso anni di scrittura e immaginazione. Quei personaggi diventano quasi una parte della vita dell’autore, una compagnia costante, e dire loro addio può essere come dire addio a una parte di sé.
È comprensibile, quindi, che Pennac, dopo aver dato vita alla tribù Malaussène, abbia trovato difficile staccarsene, continuando a riportarli sulla scena anche quando la storia avrebbe potuto trovare la sua conclusione ideale – che, secondo la mia opinione, avrebbe potuto avvenire dopo il 4° romanzo, Signor Malaussène.
Di seguito, vi metto la carrellata di quelli che sono secondo me i migliori romanzi della saga Malaussène di Pennac.
C’è un altro aspetto da considerare: la pressione esterna, quella dei lettori affezionati. Che chiedono di più, sperano in nuove avventure. E l’industria editoriale spesso spinge per una prosecuzione, consapevole che il ritorno di una saga amata garantisce un certo successo commerciale. E qui aggiungo brevemente un’altra componente che è, naturalmente, il ritorno economico. Per un autore, prolungare una saga di successo significa spesso assicurarsi vendite e un guadagno costante, in un mondo editoriale spesso incerto.
Pennac non è l’unico autore ad essersi trovato in questa trappola. Altri esempi, nel mondo della letteratura e della televisione, mostrano quanto sia difficile trovare il coraggio di dire ‘basta’ al momento giusto. Forse il vero atto d’amore verso i propri personaggi è proprio quello di lasciarli andare, permettendo loro di restare nella memoria dei lettori come li avevamo conosciuti all’inizio: vivaci, pieni di quella forza che ci ha fatto innamorare di loro.
Leggere o non leggere gli ultimi romanzi della saga Malaussène?
Non vi consiglierei mai di non leggere i capitoli conclusivi della saga Malaussène. Sono comunque romanzi godibili e di una certa qualità. Stiamo pur sempre parlando di un romanziere che ha talento e mestiere. Pennac, anche nei suoi momenti meno ispirati, sa come raccontare una storia e mantenere vivo l’interesse del lettore, con quella sua capacità unica di trasformare il quotidiano in qualcosa di surreale e poetico.
Il punto di questa stroncatura non è l’opera di Pennac in sé, ma il non aver saputo fermarsi al momento giusto, cosa che genera quello che potremmo chiamare un «effetto-indigestione», che si ha appunto quando un autore continua ad aggiungere capitoli a una storia che aveva già trovato il suo equilibrio e la sua naturale conclusione.
Perché la saga Malaussène ha ancora tanto da dire dopo 40 anni
Se non l’avete ancora letto, vi consiglio caldamente di recuperare i primi quattro volumi della saga Malaussène, ossia: Il Paradiso degli Orchi, La fata carabina, La prosivendola e Signor Malaussène.
Il motivo per cui ve li consiglio, nonostante Pennac e la sua tribù abbiano goduto di grandissima fama – come dimostrano i milioni di copie vendute – è che ultimamente c’è la tendenza a consumare soprattutto le novità, mettendo da parte i romanzi del passato.
La saga Malaussène ha ormai 40 anni, un’eternità, ma ha ancora tanto da dire.
Questi primi libri riescono ancora a trasmettere quella freschezza e ironia che hanno fatto di Pennac un autore di culto. Sono pagine capaci di sorprendervi, facendovi ridere e riflettere allo stesso tempo. Sono un viaggio indimenticabile per le strade di Belleville (una Belleville che vi verrà voglia di visitare dopo la lettura – ve lo garantisco), tra personaggi così vividi che vorreste avere come amici.
Se volete immergervi in una lettura capace di farvi innamorare, la tribù Malaussène delle origini è la lettura perfetta. Vi accoglierà nel suo caos affascinante, tra risate, drammi e momenti di pura follia. Vi aspetterà a braccia aperte, come se il tempo non fosse mai passato, pronta a farvi entrare in un mondo dove l’assurdo diventa normale e la realtà si fa straordinaria.
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