Se c’è uno show che mi ha fatto venire nostalgia dei miei 18 anni anni, di quello che hanno significato in termini di sogni, amicizie, cotte, speranze, e delusioni e batticuori e risate, ecco, quello show è Venticinque e Ventuno.
Non credevo possibile sentire la mancanza di un tempo che è stato tutto tranne che facile. Ma più volte durante la visione mi sono ritrovata col magone senza sapere perché. Anzi, non proprio il magone. Chi si ricorda il famoso «ovo sodo che non va né su né giù» descritto tanto bene da Paolo Virzì? Ecco, quello.
Per me, Venticinque e Ventuno è stato un drama da standing ovation dall’inizio alla fine (sì, finale compreso e poi ne parleremo) e questo perché mi ha emozionato come da tempo non succedeva. Vediamo i motivi.
E’ un’opera di formazione
Il titolo gioca allusivamente col romanticismo, suggerendo che si tratti di un drama romantico. Non lo è, o almeno non è solo quello. Allude a un bellissimo scambio di battute che i due protagonisti hanno all’apice del loro rapporto, quando hanno rispettivamente 25 e 21 anni e pensano di avere il mondo il mano ed essere padroni del loro destino.
E’ un momento toccante, pieno di vita e promesse. Gli autori hanno fatto un gran lavoro nello scegliere quel titolo, perché quell’attimo rappresenta in qualche modo il momento più significativo della vita condivisa dei due ragazzi.
Tuttavia, il fulcro del drama non è l’amore ma la crescita di ogni singolo personaggio, le scelte che fa. Intelligentemente giocata su due piani temporali (quello passato, che racconta la storia della madre schermitrice, e quello presente della figlia adolescente in crisi, che scopre e si appassiona ai diari della madre), la serie è in tutto e per tutto un’opera di formazione.
Tutti i personaggi, infatti, compiono un percorso di crescita e maturazione che li traghetterà verso l’età adulta. E se questo, da un lato, comporterà il raggiungimento di importanti obiettivi, dall’altro comporterà la perdita di una certa infantile, tenera innocenza.
25 21: Un inno alla nostalgia
Venticinque e Ventuno mette sapientemente in scena un passato che molti di noi hanno in mente, chi più chi meno, e che coinvolge in modo trasversale sia la Generazione X (che va dal ’65 al ’79) sia i Millennials, nati a partire dal 1980. In qualche modo, è in grado di coinvolgere ed emozionare mostrando un microcosmo fatto di musicassette, pantaloni a vita alta, cabine telefoniche e gettoni, cerca-persone, diari scritti a mano – insomma, un mondo analogico che per buona parte abbiamo seppellito ma non cancellato dalla memoria.
L’operazione-nostalgia è completamente riuscita. E’ l’«ovo sodo» di cui parlavo all’inizio: sullo schermo vengono mostrati oggetti, gesti e sentimenti che sono pensati apposta per commuovere. Mi riferisco, ad esempio, alla scena dei rubinetti ‘rovesciati’, quando i due protagonisti si bagnano e giocano con l’acqua – dapprima insieme, poi separatamente. Come rimanere indifferenti?
25 21: Un finale perfetto
Arriviamo così alla parte più spinosa, quella relativa al finale. So che ha deluso molti spettatori e cercherò di spiegare qui le ragioni per cui secondo me Venticinque e Ventuno ha invece un finale perfetto, in linea con la storyline portata avanti nelle puntate precedenti.
*** Attenzione: contiene spoiler ***
Il motivo per cui il finale ha deluso è perché i due main lead, protagonisti di una romantica ma altalenante storia d’amore fondata sull’affinità, la comprensione e la cura l’uno dell’altro, non hanno un happy ending insieme – ma di fatto lo trovano individualmente.
Questo è a mio avviso corretto a livello narrativo, sotto molti punti di vista.
Prima di tutto una considerazione basata (molto banalmente) sull’esperienza. Quanti di noi hanno finito per sposare il primo amore, quello conosciuto alle superiori? Quanti di noi hanno amato una sola persona, sempre la stessa, dello stesso imperituro amore? So che l’idea veicolata nei kdrama dell’amore eterno e immutabile è affascinante e coinvolgente. Tuttavia, spesso irrealistica. Poiché la serie è uno slice of life, questo finale è credibile e solidamente verosimile.
Un’altra considerazione è legata alla natura del sentimento che li lega. I due protagonisti ci vengono mostrati come due giovani innamorati, e tuttavia inesperti e immaturi nelle ‘cose d’amore’. Il loro rapporto è sincero, spontaneo, pieno di buone intenzioni – ma manca di comunicazione. Banalmente, i due non sono stati in grado di crescere assieme.
Un’ultima riflessione riguarda l’età dei protagonisti, che li conduce a fare scelte giustamente egoistiche e centrate più sulla realizzazione personale che sulla coppia. I 20 anni sono l’età della crescita, della costruzione, della formazione. Nessuno dei due è disposto a rinunciare alla propria vocazione.
Lei ha un talento a cui sacrifica tutta sé stessa, e il motivo per cui noi non vediamo mai nel telefilm l’uomo che ha sposato è perché non è importante. Lui trova nel giornalismo la sua seconda possibilità, che gli viene offerta dopo che il padre ha perso tutto e dopo aver sperimentato anni di disperazione e povertà.
Alla luce di tutto questo, i due si ricorderanno sempre come il primo amore l’uno dell’altra: il più dolce, il più intenso, il più straziante. Ma come spesso accade nella vita, la vita li avrà portati altrove.
Voto: 10/10
Dove vederlo: Netflix
Numero puntate: 16
Durata: 75 min. circa
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